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09/06/2008

Essere giornalisti oggi - La relazione di Tropea

L'intervento del segretario dell'Associazione Stampa Subalpina al convegno del 5 giugno

Cent’anni di lavoro. E di sindacato.

 

 

 

 

 

Quasi 110 anni fa, il 23 aprile del 1899, è nata l’Associazione Stampa Subalpina. Sempre il 23 aprile, ma del 1908, fu costituita la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, di cui in questi mesi, e oggi segnatamente, celebriamo appunto il centenario. Senza tanti fronzoli, com’è nel nostro stile subalpino. Ma badando ai contenuti. Ai fatti. Ai problemi.

 

 

 

E i problemi che un secolo fa portarono i giornalisti a unirsi in un’associazione sindacale non erano diversi da quelli che affrontiamo ancora oggi, a riprova che le conquiste nella professione e nel mondo del lavoro si devono difendere ogni giorno, che le battaglie si devono spesso ricombattere e rivincere.

 

 

 

Un secolo fa al centro dell’attenzione c’erano già le condizioni di lavoro e come regolarle. L’attività fondante del sindacato è stipulare contratti collettivi di lavoro: nel 1911 fu siglata la prima “Convenzione d’opera giornalistica”, cioè il primo contratto, e oggi, da tre anni, i giornalisti e gli editori italiani continuano a misurarsi con il rinnovo del contratto di lavoro, scaduto da 1.193 giorni.

 

 

 

Un secolo fa al centro dell’attenzione c’era la preoccupazione di assicurare alla categoria condizioni minime previdenziali e assicurative, attraverso la costituzione di quelle Casse Pie regionali, che nel 1926 confluiranno nell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani. Oggi quella stessa preoccupazione resiste, allargata ad una fascia ampia e sempre più ampia di colleghi che vivono – spesso a fatica - di questa professione in condizioni di precariato che si protraggono anche per anni ed anni.

 

 

 

Un secolo fa erano fortemente sentite tutte le questioni che attenevano alla libertà di stampa e di espressione, si combatterono aspre e lunghe battaglie contro le norme del codice Zanardelli sulla diffamazione, contro la censura durante la guerra di Libia e la Grande Guerra, contro i tentativi del fascismo di abbattere con la libertà di stampa lo stato liberale. Non mancarono le sconfitte: nel ’27 la Fnsi fu sciolta e assorbita nel Sindacato Nazionale Fascista.

 


Ma la nostra capacità di coesione e autonomia, la nostra consapevolezza di categoria, alla lunga hanno sempre prevalso: il 26 luglio del 1943, poche ore dopo le dimissioni e l’arresto di Mussolini, i giornalisti italiani facevano rinascere ufficialmente - a nuova vita e a liberi ordinamenti democratici - la Federazione della Stampa.

 

 

La storia della Subalpina ricalca, naturalmente, quella della Federazione: fu in prima fila nella lotta per l'unità della categoria, nella battaglia in difesa della libertà di stampa e contro le leggi fasciste "liberticide", nel sostegno ad oltranza del pluralismo informativo e negli anni sessanta nella lotta al terrorismo, al quale Torino e il Piemonte hanno pagato un pesante tributo di sangue.

 

 

 

La Subalpina ha assunto spesso nella storia sociale e civile della regione un ruolo importante, cercando sempre uno stretto legame con la realtà torinese e della provincia piemontese, dove vive e opera una ricca consistenza giornalistica.

 

 

Questa associazione è nata per volere e iniziativa dell’avvocato Alfredo Frassati, direttore e poi proprietario de La Stampa, e di altri esponenti del mondo letterario e dell’informazione torinese e della regione dove, dopo l’unità d’Italia, nacquero e si affermarono rapidamente, appunto, numerose testate locali.

 

 

 

L’azione dell’Associazione diede da subito frutti che apparvero evidenti nei giornali torinesi, quando i redattori usufruirono dell’applicazione del primo contratto collettivo di lavoro giornalistico, stipulato nel 1911 e che favorì, nel 1919, anche il contratto per i poligrafici che limitava ai sei ore giornaliere il lavoro dei tipografi nelle aziende editoriali torinesi.

 

 

Il primo direttivo della Subalpina era presieduto da Vittorio Bersezio, il “Nestore dei pubblicisti subalpini”, il papà di Monsù Travet. Con lui erano vicepresidenti Ermenegildo Gallardi, proprietario e direttore de “La Sesia”, storico e solido bisettimanale di Vercelli; e Antonio Calleri, direttore e proprietario del settimanale satirico “Il Fischietto” di Torino. Consiglieri erano Deabate della Gazzetta del Popolo, Ferrari della Stampa, Ghirardi dell’Italia Reale, Cavaliere della Gazzetta di Torino.

 

 

La Subalpina nasceva, quindi, già radicata tanto nei grandi quotidiani di Torino quanto negli storici periodici di informazione locale, e nasceva per rappresentare tanto i pubblicisti quanto i professionisti, e l’intero giornalismo piemontese.

 

 

La prima sede fu in via Pietro Micca, nei mezzanini della Birreria Voigt, l’attuale Bar Norman, da dove si spostò verso la Galleria Subalpina, nel mezzanino sopra Caffé Baratti, per approdare infine, nel 1957, a Palazzo Ceriana Mayneri, dove oggi ci troviamo, grazie all’impegno negli anni cinquanta di Riccardo Giordano, Giovanni Giovannini e Gaetano Massara, che vollero costruire la “casa dei giornalisti” che ancora oggi ci ospita, e grazie all’impegno di Gianni Romeo, che da anni presiede il Circolo della Stampa.

 

 

 

Il primo statuto dell’Associazione fissava quattro obbiettivi fondamentali:

 

-         l’obiettivo sindacale con lo scopo di difendere e sostenere quanti erano impegnati nelle testate della regione, costretti ad un lavoro improbo e mal pagati;

 

-         l’obiettivo culturale e letterario, di stimolo e presenza nel tessuto regionale;

 

-         l’obiettivo di promozione e di aggiornamento tecnico nei giornali e nell’informazione;

 

-         l’obiettivo sociale, avendo presenti non solo le esigenze e i progressi della categoria ma anche delle comunità di cui i giornalisti sono parte attiva. Nel 1920, ad esempio, proprio la Subalpina promosse a Torino la nascita della lega dei consumatori.

 

 

 

E’ evidente che questi obiettivi sono quanto mai attuali. E sempre perseguiti da chi ha di volta in volta guidato la Subalpina: dopo Vittorio Bersezio e Alfredo Frassati, solo per citarne alcuni, Gino Pestelli, Curzio Malaparte, Riccardo Giordano, Giovanni Giovannini Bruno Marchiaro, Giancarlo Carcano, e venendo in tempi più vicini Cesare Roccati, Enrico Villa, Paolo Girola, Flavio Corazza, Ezio Mascarino, Ettore Boffano.

 

 

 

Ognuno ha lasciato un segno. Pensiamo a Gino Pestelli. Negli anni venti, proprio a Torino e proprio per una visione più “aperta” della professione e precorritrice dei tempi, andò affermandosi la funzione del giornalista come responsabile di quello che, più avanti, sarebbe stato comunemente chiamato ufficio stampa: nel 1924 alla Fiat e l’anno successivo alla presidenza del Consiglio dei Ministri dove Giovanni Giolitti chiamò Gino Pestelli, uno dei dirigenti del sindacato subalpino che maggiormente si sarebbero opposti alla “visione mussoliniana” della informazione e al quale sarebbe poi stato intitolato il “Centro di documentazione giornalistica”, uno dei più importanti d’Europa.

 


Pensiamo a Bruno Marchiaro. Nel 1967 fece uscire il primo numero di “Stampa Subalpina”, il bimestrale della Subalpina e dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte.

 

Quando nell’estate 1974 l’editore della Gazzetta del Popolo decretò la chiusura dello storico quotidiano, “Stampa Subalpina”, per far sapere a Torino e al Piemonte che cosa stesse accadendo e che era in atto il soffocamento di uno dei giornali più antichi del nostro Paese, uscì in edizione straordinaria e andò in edicola al posto della soppressa Gazzetta.

 

 

 

Pensiamo a Paolo Girola e Cesare Roccati. Gli anni Novanta hanno segnato, per l’Associazione, una fase fortemente caratterizzata dalla sistemazione contrattuale all’interno dei periodici locali, gran parte dei quali fondati nel secolo scorso come è stato già accennato e che rappresentano una peculiarità originale del Piemonte.

 

Le radici di una vera e propria “rivoluzione” sindacale, assecondata dall’Ordine dei Giornalisti, che ha sempre dimostrato sensibilità e attenzione agli aspetti sindacli della professione, si posero a Biella, dove alcuni colleghi sostennero con successo le tesi che i redattori dei periodici locali avevano gli stessi diritti contrattuali dei colleghi dei quotidiani e dei grandi periodici e che, se in possesso dei requisiti di legge, dichiarati praticanti dall’Ordine, avevano il pieno diritto di sostenere gli esami di stato e diventare giornalisti professionisti.

 

Ma la “svolta” che ha moltiplicato i contratti nei periodici piemontesi portando, nel complesso, ad oltre cento i giornalisti professionisti è stata “costruita” nel giugno 1994 quando l’Associazione siglò il primo protocollo d’intesa con la Fipe, Federazione italiana dei piccoli editori, nel rispetto del Contratto nazionale di lavoro giornalistico e nell’aprile 1999, allorquando fu firmato il secondo protocollo d’intesa, più articolato e controfirmato da Paolo Serventi Longhi e da Lorenzo del Boca, rispettivamente segretario generale e presidente della FNSI.

 

 

 

Oggi, come avviene per il contratto nazionale, anche gli accordi con gli editori della Fipeg sono in sofferenza. Le proprietà chiedono “sconti” e maggiore “agilità” nella gestione delle redazioni. Minacciano di passare a contratti non giornalistici, siglati da Cgil-Cisl-Uil per i grafici e poligrafici. Vediamo il pericolo concreto che le conquiste del ’94 per i colleghi – quasi 200 – dei giornali locali vengano spazzate via e ci attrezziamo per difenderle.

 

E’ un fatto che i mezzi d’informazione e questo mestiere sono cambiati, cambiano ogni giorno. Ma cambiano le forme, non il contenuto di questa professione.

 

E’ un fatto che il giornalismo di provincia è cresciuto in questi anni, anche in virtù del giusto riconoscimento professionale e dell’applicazione di un corretto contratto, ma che lo stesso passo non sembrano aver tenuto gli editori, che con le loro proposte e avvisaglie non dimostrano di aver compreso che la vita stessa dei loro giornali è legata alla formazione e alla competenza di chi quei giornali materialmente produce.

 

 

 

Non è solo quello del contratto nazionale e degli accordi Fipeg l’unico fronte aperto. Da 8 anni si attende che trovi applicazione la Legge 180 per l’applicazione del contratto negli uffici stampa degli enti pubblici. Il dialogo con le istituzioni locali è stato difficile in questi anni, non ultima la vicenda per il varo di una nuova legge regionale sull’editoria che vorremmo tenesse conto nell’assegnare contributi economici della qualità dell’informazione e del rispetto delle regole di chi quei contributi riceve.

 

 

 

Non meno destano ciclicamente preoccupazione le sorti dell’emittenza, tanto della sede Rai di Torino quanto delle emittenti private, dove ancora spesso stentano a trovare applicazione più appropriati contratti di lavoro.

 

 

 

L’elenco dei risultati raggiunti e di quelli – tanti – ancora da raggiungere sarebbe lungo e non lo faremo oggi, ma lo abbiamo ben presente nel nostro lavoro sindacale di tutti i giorni.

 

 

 

La Subalpina con 1.800 iscritti è una delle più consistenti associazioni in Italia, dopo la Lombarda e la Romana, con l’Emiliana e la Napoletana. Ha camminato per un secolo all’interno della Federazione portando sempre il suo contributo leale di idee, di proposte. E’ qui a festeggiare i cento anni della Fnsi e ad augurare lunga vita al sindacato unitario dei giornalisti italiani. Ben consapevoli che le sfide che la categoria quotidianamente si trova di fronte si combattono e si vincono soltanto insieme.

 

 

 

 

 

 

 

 

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