''Sono soltanto 378 i giornalisti dei quotidiani che hanno i requisiti per essere prepensionati. Lo ha affermato il presidente dell'Inpgi, Andrea Camporese, intervenendo, su invito del Comitato di redazione, a un'assemblea dei giornalisti del Messaggero, assieme al direttore generale dell'Istituto, Arsenio Tortora. Né dà notizia lo stesso Cdr in una nota.
''La platea dei 378 aventi titolo - ha detto Camporese - comprende tutti coloro che hanno più di 58 anni d'età e oltre 18 anni di contributi, ma meno di 35, come prevede la legge 416''. Camporese - riporta il Cdr del Messaggero - ha dunque indirettamente smentito le stime, di fonte imprenditoriale, che parlavano di 800-1000, o addirittura 1500 giornalisti da "rottamare". Il presidente ha definito di "grande importanza" per i conti dell'Inpgi, la norma già passata alla Camera e che sta per essere votata dal Senato, che eroga dieci milioni all'anno per attuare i prepensionamenti. "Viene tagliata la testa al toro: d'ora in poi, e per sempre, graverà sullo Stato il costo dei prepensionamenti, che prima erano a carico dell'Istituto". Ma con questi fondi, quanti prepensionamenti si potranno fare? "Con 10 milioni di euro, in teoria, non piu' di 166 al primo anno - ha risposto Camporese, suffragato dal direttore Tortora - e ciò calcolando un costo medio storico di 66 mila euro a persona. Ma non crediamo che si arrivi a tanto". Il numero in piu' o in meno di prepensionati dipenderà dall'intelligenza con cui verrà gestito il fondo, e dalla trattativa con Fnsi e Comitati di redazione. Il vero punto critico della 416 è che non definisce con chiarezza che cosa s'intenda per stato di crisi. Rispondendo ad altre domande dei redattori del Messaggero, Camporese e Tortora hanno dipinto un Istituto in buona salute, con alcuni problemi a partire dal 2022, che però potranno essere risolti con interventi preventivi. Preoccupano il turn over ai minimi storici e l'esplosione dei contratti a termine, ma l'Inpgi ha un patrimonio immobiliare e mobiliare di di 2 miliardi di euro, mentre ci sono margini per aumentare le aliquote degli editori, oggi del 7,32 per cento piu' basse rispetto a quelle pagate da tutti gli altri datori di lavoro''.
Ansa