La ribadita volontà di mandare in carcere i giornalisti è certamente grave e come tale va contrastata decisamente, ma la questione peggiore che emerge dagli emendamenti al ddl Alfano approvati in Commissione Giustizia della Camera è l’imposizione dell’anonimato sull’operato dei magistrati.
L’art. 101 della Costituzione sancisce che “la giustizia è amministrata in nome del popolo”. Il popolo dunque deve essere messo nelle condizioni di poter controllare come la giustizia funziona, nel bene e nel male. Impedire di conoscere il nome del magistrato incaricato di un provvedimento, che l’on, Francesco Paolo Sisto ,proponente dell’emendamento accolto, considera positivo, è invece esiziale.
Se oggi il magistrato Tizio scarcera uno stupratore assassino, ne assume in prima persona la responsabilità, davanti alla legge, all’opinione pubblica, alle procedure disciplinari. Se il nome del magistrato dovesse rimanere segreto, non sarebbe Tizio il responsabile della scarcerazione, ma genericamente “ il magistrato”. Sarebbe cioè tutta intera la istituzione Magistratura a finire sotto accusa e ad essere chiamata a pagare il fio dell’esecrazione popolare, con una evidente e corrosiva opera di delegittimazione del suo ruolo e delle sue funzioni.
Gli emendamenti approvati ieri, aggravano l’impianto originario del ddl Alfano, già estremamente negativo perché oscura tutte le inchieste su qualsiasi reato, dall’omicidio agli stupri, passando per le tangenti e per i crac miliardari della finanza, le rapine, i sequestri, la mafia, la partite truccate, la concussione, i voti di scambio.
Prevedere la condanna al carcere nasce da una genuina, viscerale pulsione a “sbattere i cronisti dietro le grate di una cella e buttare la chiave” che ogni tanto prorompe “al naturale”. Poi l’insostenibilità di certe posizioni fa recedere dalle previsioni estreme. Ma intanto i giornalisti, i magistrati e gli altri sono avvertiti… le carceri ci sono e se si dovessero affollare un po’ di più di quanto non siano già normalmente, via, non sarebbe poi una cosa dell’altro mondo.
E per completare l’espropriazione dei cittadini del loro diritto di sapere cosa accade nel Paese, si introducono pesanti multe sugli editori per spingerli all’autocensura, e costringere le società editrici a legare dentro protocolli da fabbrica sovietica l’autonomia professionale dei giornalisti, dai cronisti al direttore.
Unione nazionale cronisti italiani