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08/06/2009

Fotoreporter: "No alle ingerenze"

Invitati a fornire copia delle riprese (foto, video) del corteo studentesco del 19 maggio a Torino. Il Congresso della Subalpina: Il Questore riconsideri la sua iniziativa"

I delegati dei giornalisti piemontesi, riuniti nel Congresso regionale dell’Associazione Stampa Subalpina, sabato 23 maggio 2009, hanno approvato il seguente ordine del giorno:

“In questi giorni la Questura di Torino sta rivolgendo alle redazioni dei giornali l’invito a fornire copia del materiale iconografico – fotografie, video – relativo agli scontri accaduti in occasione del corteo studentesco di martedì 19 maggio.
Si tratta di un’iniziativa che desta perplessità, poiché richiede a giornalisti e fotoreporter di svolgere un compito che non appartiene loro, sostituendosi agli investigatori nella raccolta di elementi di prova, ma soprattutto perché, se trovasse un riscontro da parte loro, li esporrebbe al rischio di essere additati come “complici” e “delatori”, con tutte le immaginabili conseguenze: ciò che, mentre da un lato comporterebbe il pericolo di aggressioni fisiche o verbali in future analoghe occasioni, dall’altro provocherebbe una concreta e rilevante compressione del diritto di cronaca e della libertà di informare. Quanti giornalisti, fotoreporter, tele o video-operatori potrebbero presentarsi a un’altra simile manifestazione per documentarne lo svolgimento serenamente e in sicurezza? Quale grado di fiducia potrebbero ottenere, da parte delle loro fonti coinvolte nella vicenda, nel raccogliere notizie su iniziative future?
La perplessità è accresciuta poi dalla necessità assai relativa di acquisire una tale mole di materiale: non si tratta, infatti, di assicurarsi le sole poche immagini che provano la responsabilità di un delitto, ma di aggiungere centinaia, forse migliaia, di fotografie e molte ore di riprese a una abbondante quantità di documenti già in possesso delle forze dell’ordine perché realizzata dai suoi stessi “numerosi” operatori, che abitualmente – e proprio con lo scopo di raccogliere indizi e prove – ritraggono ogni momento delle manifestazioni di piazza.
Va poi considerato un aspetto non irrilevante, che incide più in profondità sull’attività giornalistica di raccolta di informazioni, sul pieno dispiegamento e sulla consapevolezza del giornalista di poter disporre della massima libertà possibile. Chiedere a un fotoreporter o a un tele-video-operatore di fornire indiscriminatamente le immagini non pubblicate dai media – siano essi giornali, tv o siti internet – equivale a chiedere a un cronista di consegnare i taccuini con gli appunti o di consentire l’accesso ai files del suo computer: una pratica pericolosa che, mettendo a repentaglio – come già accennato – la sicurezza stessa dell’interessato, rischia di violare il segreto professionale e di limitare la libertà, sancita dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, “di ricevere e di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche”. Contravvenire a questi principi, attenuare il sistema di garanzie a tutela dell’informazione, significa essere tutti meno liberi: i giornalisti, il pubblico, le persone oggetto del loro lavoro.
Non si tratta di negare la collaborazione che, per un principio di cittadinanza e di vivere civile, ciascuno è tenuto ad assicurare all’autorità pubblica, ma di difendere una libertà e una professione che rappresentano un bene prezioso per ogni comunità democratica.
E’ con questo spirito che il sindacato dei giornalisti chiede al Questore di Torino di voler riconsiderare la propria iniziativa, nel rispetto del ruolo di ciascuno: quello delle forze dell’ordine, che è di investigare sui reati e garantire la sicurezza dei cittadini, e quello dei giornalisti, che è di raccontare gli avvenimenti di pubblico interesse “senza ingerenza alcuna” e senza sconfinare in terreni che non appartengono loro, come quelli propri di polizia e carabinieri”.

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