Sono centinaia ormai i posti di lavoro a rischio nell’editoria. Una quindicina di aziende ha predisposto piani di riorganizzazione motivati da situazioni di crisi. Ma ogni situazione va verificata caso per caso.
Ci sono ipotesi di taglio dei giornalisti anche del 35% delle redazioni attuali, condizione assai improbabile per un serio sviluppo dell’attività editoriale di qualsiasi realtà, molto probabilmente destinata in questo caso a finire ai margini del mercato. Per la Federazione Nazionale della Stampa Italiana occorre un esercizio di responsabilità alta da parte degli editori. Il panico o la “ruspa” non servono a niente. Anche il governo dovrà vigilare e fare la sua parte.
La congiuntura economica provoca difficoltà in tutti i settori produttivi del Paese, non esclusa l’editoria. Quella italiana appare meglio attrezzata dell’industria editoriale di altri Paesi per affrontare e superare le difficoltà. Il sindacato dei Giornalisti fa la sua parte con coerenza per un quadro di sostenibilità che consenta di gestire correttamente i problemi e realizzare condizioni di nuovo sviluppo, ma non potrà mai accettare supinamente operazioni di ristrutturazione selvaggia. Nessuna ristrutturazione però potrà essere consentita e sopportata come pura attività tecnocratica o ragionieristica di taglio dei costi del lavoro. Ogni piano dovrà essere chiaro e trasparente non strumento per “pulizie stagionali". Non è semplice affrontare stati di crisi per nessuno, ma la situazione richiede rigore e oculatezza. Non si possono sperperare denari pubblici né si possono immaginare decreti ministeriali di ammissione agli stati di crisi e alle opportunità di protezione sociale con semplici dichiarazioni di parte.
VADEMECUM PER PREPENSIONAMENTI E STATI DI CRISI
Sollecitati dalla riforma della legge 416 del 1981, quella sull’editoria che regola tra l’altro cassa integrazione e prepensionamenti nel settore dell’informazione, che è entrata in vigore con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del 28 febbraio scorso, e soprattutto dagli effetti (reali, ma anche "artefatti") di una crisi economica che è pesante anche per i giornali e i giornalisti italiani, pubblichiamo una sorta di vademecum.
Prepensionamenti anche per i periodici. È la novità con effetti più diretti e immediati sulla categoria. La riforma della 416 varata dal Parlamento amplia la platea di giornalisti per i quali è attivabile l’ammortizzatore sociale del prepensionamento. Finora era infatti riservato solo ai colleghi dei quotidiani e delle agenzie di stampa a diffusione nazionale, mentre dal 28 febbraio è stato esteso anche ai giornalisti dei periodici. Si tratta in verità di un ritorno al passato: i prepensionamenti erano stati previsti anche per i periodici dalla norma originaria del 1981 ma furono esclusi dal 1991.
Chi paga i prepensionamenti. La rivoluzione positiva per i conti dell’Inpgi, con effetti indiretti ma non meno importanti sulla categoria, arriva dall’istituzione di un Fondo statale per i prepensionamenti dei giornalisti con dotazione annua di 20 milioni di euro. Questo significa che a pagare l'assegno fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione "normale" (e pure dopo una piccola quota connessa allo scivolo) non sarà più l'Inpgi ma, appunto, lo Stato.
Se i 20 milioni non dovessero essere sufficienti per coprire i costi dei prepensionamenti correnti, è prevista la possibilità di alimentare il Fondo direttamente da parte degli Editori. Non è ancora chiaro se con un’apposita aliquota contributiva, a carico esclusivo delle imprese, o con altra modalità. Il Governo sta predisponendo una direttiva per l’utilizzo del Fondo che dovrebbe chiarire questo e altri aspetti pratici.
Secondo i calcoli dell’Inpgi, i 20 milioni di euro sarebbero in grado di coprire i costi del prepensionamento di circa 330 giornalisti in un anno. Questo vale però, ovviamente, solo per il primo anno poiché la durata degli effetti di ogni singolo prepensionamento dipendono dall’età anagrafica e contributiva del singolo “prepensionando”. Dal secondo anno, il numero dei prepensionamenti coperti dal Fondo dipende da quanti tra chi è andato in prepensionamento il primo anno raggiungono i 65 anni di età o i 30 di contribuzione previdenziale e, per così dire, "liberano il posto".
Le condizioni per attivare i prepensionamenti. Le imprese editoriali che vogliono utilizzare l’ammortizzatore sociale del prepensionamento devono presentare richiesta di attivazione della cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione e riorganizzazione in presenza di crisi aziendale. E quindi seguire tutte le procedure di sindacale di legge e contrattuali previste per la cigs.
Chi può andare in prepensionamento. I requisiti per il prepensionamento restano inalterati. E sono tre:
- almeno 58 anni di età;
- almeno 18 anni di contributi Inpgi;
- non essere già titolare di altra pensione diretta (da altro ente previdenziale).
Non è necessario rispondere ai primi due requisiti nel momento dell’attivazione della cassa integrazione: possono andare in prepensionamento tutti coloro che raggiungeranno i requisiti nel periodo di vigenza della cigs, quindi nell’arco al massimo di 24 mesi. Questo significa che anche coloro che hanno almeno 56 anni di età e almeno 16 di contributi all’inizio della cigs potranno utilizzare il prepensionamento.
Quanti sono i colleghi “prepensionabili”. Secondo i calcoli dell’Inpgi, per il 2009 i giornalisti dei quotidiani con requisiti per il prepensionamento sarebbero in tutto circa 380, a cui si aggiungerebbero circa 50 colleghi all’anno per i prossimi sette anni, quando poi la curva dovrebbe radicalmente flettere. Nel mondo dei periodici, invece, per quest’anno sarebbero circa 130 ad avere già i requisiti per il prepensionamento.
Gli anni di “scivolo”. Rispetto alle normali regole per la pensione di vecchiaia, il giornalista interessato al prepensionamento può ritirarsi dal lavoro con un massimo di 7 anni di anticipo. Mentre i contributi figurativi possono essere pari al massimo a cinque anni di cosiddetto scivolo, fino a 30 anni di contribuzione complessiva.
Non ha quindi diritto ad alcun contributo figurativo chi ha già 30 anni di contributi al momento del prepensionamento. Chi ha superato i 60 anni di età, invece, può avere uno scivolo non superiore alla differenza tra la propria età anagrafica e i 65 anni previsti per la pensione di vecchiaia.
Facciamo qualche esempio pratico.
1) Collega con 58 anni di età e meno di 25 anni di contribuzione previdenziale: avrà diritto a cinque anni pieni di scivolo.
2) Collega con 62 anni di età e meno di 25 anni di contribuzione previdenziale: avrà diritto a tre anni di scivolo.
3) Collega con 58 anni di età e 28 anni di contribuzione previdenziale: avrà diritto a due anni di scivolo.
4) Collega con 64 anni di età e 28 anni di contribuzione previdenziale: avrà diritto a un anno di scivolo.
5) Collega di 58 oppure 62 oppure 64 anni di età e 30 o più anni di contribuzione previdenziale: non ha diritto ad alcuno scivolo.
Quanto si prende di pensione. In caso di prepensionamento, l'assegno mensile è ridotto, rispetto a quello che si sarebbe preso al raggiungimento dei 65 anni di età, in base a due tipi di decurtazione percentuale.
La prima riduzione è provvisoria ed è legata agli anni che mancherebbero alla pensione di vecchiaia, ovvero al compimento dei 65 anni di età: si va dal 29,17%% per 7 anni di differenza a 5,56% per 1 anno, a scalare. Ogni anno la decurtazione viene ricalcolata fino ad annullarsi quando si compiono i 65 anni.
Il secondo è invece un abbattimento definitivo dello 0,5% per ogni anno di scivolo, quindi fino a un massimo del 2,5% per i cinque anni di contribuzione figurativa massima prevista.
Obbligatorio o volontario? Il prepensionamento è sempre volontario. L’opzione per accedere alla pensione anticipata va infatti esercitata dal singolo giornalista entro 60 giorni dall’ingresso in cassa integrazione se ha già i requisiti dei 58 anni di età e 18 anni di contribuzione oppure entro 60 giorni dal raggiungimento di tali requisiti nel corso di vigenza della cigs.
Non è invece volontaria per legge la collocazione in cassa integrazione, ma dipende dal programma predisposto dall’azienda, in base all’organizzazione del lavoro stabilita dal direttore, ed è ovviamente oggetto della contrattazione al tavolo di consultazione sindacale.
Le regole della cigs in pillole. Le imprese editoriali possono chiedere la cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale di particolare rilevanza sociale, per ristrutturazione e riorganizzazione e nei casi di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria.
- La cigs ha una durata massima di 12 mesi per le crisi aziendali, 18 mesi per le procedure concorsuali e 24 mesi per riorganizzazione e ristrutturazione. Viene concessa però con più decreti, ognuno di durata semestrale. Non si potrebbero superare i 36 mesi di intervento di cigs nell’arco di 5 anni.
- La cigs è riservata ai giornalisti dipendenti da quotidiani, agenzie di stampa nazionali e periodici.
- Nel periodo di cigs, il compenso è pari all’80% della propria retribuzione, con un tetto però stabilito annualmente per tutti i lavoratori: per il 2008 era pari a 858,58 euro netti, elevato a 1.031,93 euro netti in caso di retribuzione superiore a 1.857,48 euro lordi.
- L’assegno di cassa integrazione è a carico dell’Inpgi, anche se generalmente viene anticipato dalla propria azienda.
- La cigs non interrompe il rapporto di lavoro con la propria azienda e quindi neppure l’anzianità di servizio. Il periodo passato in cigs, per esempio, viene calcolato a tutti gli effetti per gli scatti contrattuali di anzianità.
- Al termine della cigs, se le condizioni di difficoltà aziendale non sono state risolte, il datore di lavoro può procedere con i licenziamenti collettivi.
I contratti di solidarietà in pillole. Le aziende che possono richiedere la cigs possono ricorrere anche ai contratti di solidarietà, non regolati dalla legge 416 ma dalle leggi 863 del 1984 e 236 del 1993.
- Anche la solidarietà è riservata ai giornalisti di quotidiani, agenzia di stampa nazionali e periodici.
- Il meccanismo di solidarietà prevede una riduzione della retribuzione proporzionale alla riduzione dell’orario di lavoro.
- Il 60% della retribuzione persa viene integrato dall’Inpgi: per una solidarietà al 10% lo stipendio del singolo giornalista viene ridotto del 4%, per una solidarietà al 20% viene ridotto dell’8% e così via.
- L’azienda che attiva la solidarietà ha una riduzione del costo del lavoro pari percentualmente alla riduzione dell’orario di lavoro e inoltre ha diritto a un abbattimento dei contributi previdenziali a partire dal 25% se la solidarietà è almeno al 20%.
- I contratti di solidarietà possono avere una durata tra i 12 e i 24 mesi, con possibilità di proroga per altri 24 mesi.
La procedura sindacale per gli stati di crisi. Quando un’azienda vuole attivare uno stato di crisi, scattano le procedure previste dall’allegato D (Procedure di consultazione sindacale) del contratto nazionale di lavoro.
- Il primo passo è la presentazione da parte dell’editore del piano di ristrutturazione al Comitato di redazione e contemporaneamente alla Fnsi tramite la Fieg. Piano che verrà esaminato al tavolo di consultazione sindacale, insieme con il direttore, con l’obiettivo di definire nuova organizzazione del lavoro, conseguente necessità di organico ed eventuale ricorso agli ammortizzatori sociali, ovvero prepensionamenti, cigs e contratti di solidarietà, nonché alle possibilità di ricollocazione dei giornalisti in esubero nelle altre testate dell’azienda.
- È il direttore a stabilire il nuovo organico redazionale e quindi anche individuare i giornalisti da mettere in cigs e l‘eventuale modalità di rotazione, comunicando i criteri seguiti.
- La procedura di consultazione dovrebbe esaurirsi entro 25 giorni dalla data di richiesta di attivazione. Ma in caso di accordo tra le parti questo termine può non essere rispettato.
- La richiesta di attivazione della cigs all’Ufficio regionale del Lavoro se l’azienda ha sede in una sola Regione e al Ministero del Lavoro in caso di sedi in diverse Regioni.
Chi è ancora escluso. Ci sono ancora moltissimi colleghi dell’industria dell’informazione completamente privi di ammortizzatori sociali, se si esclude l’assegno di disoccupazione previsto dall’Inpgi. Si tratta dei giornalisti delle agenzie locali, dell’emittenza radio-televisiva nazionale e locale, dei service e dell’online.
Per questi colleghi si può ricorrere, in casi particolari e in base alla disponibilità di fondi pubblici del momento, alla cassa in deroga e alla solidarietà speciale. Quest’ultima prevede un contributo del 50% della riduzione delle retribuzioni, suddivisa a metà tra azienda e lavoratore.