La lista dei giornalisti e attivisti dei diritti umani che in Russia pagano con la vita la loro denuncia si allunga con una ineluttabilità che lascia sgomenti. Per le associazioni umanitarie sono oltre duecento i giornalisti assassinati nella Federazione Russa dall'ascesa di Vladimir Putin, nel 2000 a oggi. Natalya Estemirova, un’altra delle “eredi” di Anna Politkovskaya, ha subito la stessa sorte della sua collega, nel cui nome era stata anche premiata dal Parlamento Europeo.
La Cecenia si conferma terra letale per chi voglia fare luce sulla tragedia di un popolo, come il giornalismo italiano sa dai tempi di Antonio Russo. E’ una sconfitta per l’informazione l’annuncio del direttore della “Novaja Gazeta”, che ha deciso di rinunciare ad avere altri collaboratori in Cecenia perché non vuole seppellire altri giornalisti; così come è una sconfitta per l’informazione il quasi silenzio con il quale i media russi hanno accolto questo nuovo omicidio. Ai giornalisti europei è chiesto di trovare ogni via possibile per fermare il massacro, continuando a credere nell’efficacia della pressione che l’opinione pubblica internazionale può esercitare. Perciò la Fnsi chiederà un incontro con l’ambasciatore russo in Italia: per rappresentagli l’indignazione che anche qui da noi ha suscitato questo nuovo delitto, e per fargli sentire l’urgenza che la magistratura russa cominci a dare risposte credibili a questa troppo lunga catena di omicidi rimasti impuniti.
(www.fnsi.it)
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L'hanno rapita e uccisa con due colpi di pistola, la stessa sorte dei molti ceceni di cui da dieci anni difendeva coraggiosamente i diritti umani, incurante di minacce e intimidazioni: è morta così oggi la cecena Natalia Estamirova, 50 anni, giornalista e collaboratrice della ong russa Memorial, "inghiottita" dentro una Zhiguli all'uscita di casa a Grozny e ritrovata cadavere nella vicina Repubblica dell'Inguscezia
La morte dell'attivista, vincitrice di vari premi, compreso uno dedicato alla giornalista e amica Anna Politkovskaia, di cui é considerata per certi versi l'erede, riapre le polemiche sui diritti umani nella Cecenia apparentemente pacificata di Ramzan Kadyrov, l'uomo forte imposto dal premier Vladimir Putin. Solo negli ultimi giorni si contano a decine le vittime degli scontri tra ribelli e poliziotti nel Caucaso del Nord, tra Cecenia, Inguscezia e Daghestan. Le ong russe hanno già protestato vivacemente per il delitto, denunciando la latitanza delle autorità federali russe e di quelle locali cecene. Anche il leader del Cremlino Dmitri Medvedev è intervenuto con tempestività: ha espresso le sue condoglianze e lo "sdegno", ordinando al capo del comitato investigativo di prendere "tutte le misure necessarie" per far luce su un omicidio che il Cremlino, come le ong, ritiene collegato in modo "evidente" all'attività della vittima. Secondo alcuni dirigenti di Memorial, l'ong da 20 anni in prima linea contro abusi e repressioni, l'uccisione potrebbe essere una vendetta contro le ripetute denunce di sequestri ed esecuzioni arbitrarie da parte delle autorità, come la fucilazione pubblica sommaria di un uomo sospettato di collaborare con i guerriglieri, il 7 luglio scorso nel villaggio di Akhinciù Borzoi, a 20 km da Gudermes, il feudo di Kadyrov. Su questa ed altre vicende analoghe Estemirova aveva pubblicato anche della documentazione che pare abbia irritato i "siloviki", gli uomini legati agli apparati di forza. Basta leggere l'articolo pubblicato proprio oggi sul sito Kavkaz-Uzel.ru, nel quale la donna - citata dall'autore - sostiene che dopo la revoca del regime antiterrorismo da parte del Cremlino la situazione si è bruscamente aggravata in Cecenia, soprattutto con la sparizione di decine di persone: 34 tra gennaio e aprile, di cui 27 poi rilasciate, due uccise, due tuttora irreperibili e tre in cella. In tutto il 2008 i casi di rapimento furono 42. Ma per Svetlana Gannushkina, anche lei di Memorial, la pista del delitto potrebbe essere legata anche al tentativo di Estamirova di incontrare Maskhud Abdullaiev, figlio del comandante di campo Supian ed estradato dall'Egitto in Cecenia: sulla sua sorte c'é ancora mistero, nonostante una sospetta apparizione in tv. Stamane è toccato a lei uscire di casa e non tornare più: sconosciuti l'hanno attesa sulla porta per trascinarla a forza in una Zhigulì bianca. "Mi stanno rapendo", ha fatto in tempo a gridare, come hanno riferito alcuni testimoni. Nel pomeriggio un contadino ha ritrovato il suo cadavere a cento metri dall'autostrada Kavkaz, vicino al villaggio di Gazi-Yurt, nella confinante Repubblica dell'Inguscezia: aveva due proiettili, uno alla testa e uno al petto. Estamirova si era laureata in storia a Grozny, dove ha insegnato fino al 1998. Dall'anno successivo, con lo scoppio della seconda guerra russo-cecena, si era impegnata sul fronte dei diritti civili, come giornalista (di tv e giornali, compresa la Novaia Gazeta della Politkovskaia) ma soprattutto come attivista: sempre in prima fila anche con la sua macchina fotografica per proteggere la gente dagli abusi e dagli orrori. "Una vita coraggiosa sotto la minaccia di servizi segreti, agenti federali e banditi", sintetizzò il noto giornalista ceceno Timur Musaiev quando nel 2007 le attribuirono a Londra il premio Politkovskaia dell'ong Raw in War (reach all women in war). "La Cecenia è parte dell'Europa, non potete dimenticarci", aveva ammonito la militante. Tre anni prima il parlamento svedese le aveva assegnato il premio Diritto per la vita, una sorta di alternativo Nobel per la pace, e l'anno dopo il parlamento europeo le aveva conferito la medaglia Robert Schuman, come a Ielena Bonner, la vedova del dissidente Andrei Sakharov. (ANSA)