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28/09/2009

"Sempre più difficile il lavoro dei cronisti"

Il Gruppo Cronisti Piemonte aderisce al presidio del 3 ottobre

Un segnale forte per difendere la libertà di stampa. E’ con questo scopo che sabato 3 ottobre anche il Gruppo Cronisti Piemonte parteciperà al presidio organizzato dall’Associazione Stampa Subalpina, in concomitanza con la grande manifestazione di piazza del Popolo a Roma indetta dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana. Una giornata di mobilitazione della categoria che vuole servire a rilanciare l’allarme sui temi della libertà di stampa e sugli avvenimenti che, in questo Paese, rendono sempre più difficoltoso il lavoro dei cronisti.
Ecco perché, quindi, i cronisti intendono essere in prima fila in questa occasione, ribadendo il loro sostegno alle iniziative della Federazione e, nel caso specifico, dell’Associazione Stampa Subalpina.

Gruppo Cronisti Piemonte
(per il direttivo, Andrea Monticone consigliere nazionale Unci)

Di seguito un intervento del presidente dell’Unci, Unione Nazionale Cronisti Italiani, Guido Columba.

Chi decide se una notizia è di interesse generale ?
di Guido Columba
Presidente dell’Unci

La libertà di stampa è a repentaglio.
Lo è da sempre, come ricorda spesso il presidente dell’Ordine Lorenzo Del Boca, secondo il quale deve essere difesa e reinventata ogni giorno.
A mettere a rischio l’indipendenza dell’informazione sono, da sempre, politici finanzieri,  potenti in genere, piccoli e grandi. Ciascuno per quello che può, e riesce, cerca di condizionare l’informazione piegandola ai propri interessi.

In  questo periodo il pericolo per la libertà di stampa è maggiore che non in passato.
Perché apertamente, programmaticamente, ideologicamente, maggioranza parlamentare e governo affermano che vi è troppa libertà di stampa e agiscono in modo concreto perché sia ridotta e l’informazione possa o sia indotta a  riferire solo quello che loro ritengono conveniente.

Il controllo dell’informazione è, insomma, un obiettivo politico. Ed è al centro di una battaglia politica condotta senza esclusione di colpi.

Per ottenere lo scopo maggioranza e governo agiscono sul piano legislativo, amministrativo, giudiziario, e operano con tutte le leve di cui dispongono.
E’ un modo di considerare l’informazione che cozza contro l’essenza stessa  della libertà della stampa, la quale o è completa o non è.

Tanto per capire: il Presidente della Commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, durante l’audizione del 22 luglio ha ripetutamente chiesto, con aria provocatoria, a chi, secondo noi, spettasse la responsabilità di decidere quali notizie siano di interesse generale e, pertanto, possano essere rese note. Era evidente che, orfano del Minculpop, era alla ricerca di una qualche Autorità Superiore incaricata di dettare agli organi di informazione: questo sì, questo no. Non lo sfiora neanche l’idea che nella nostra organizzazione statale e sociale il compito di decidere quale notizia abbia rilievo per i cittadini spetti a chi ha una abilitazione professionale rilasciata da un esame dello Stato e lo faccia per mestiere: cioè al giornalista.

Il Dna dell’autoritarismo insito nella maggioranza parlamentare e di governo  è alla base dell’attuale offensiva contro la libertà di stampa che deve, quindi, essere contrastata in modo aperto e fermo.
Cosa che sta avvenendo da tempo ma che, davanti al moltiplicarsi e aggravarsi degli attacchi, deve essere intensificata.

L’Unci si è sempre schierata in modo chiaro e diretto contro  i tentativi di colpire il diritto di cronaca – quello dei cittadini di essere informati in modo corretto, completo   e tempestivo di ciò che accade,  e che ha come corrispettivo il dovere dei giornalisti di farlo – e continuerà a farlo.
Anzi moltiplicherà il proprio impegno e incalzerà le altre organizzazioni del giornalismo perché la difesa dei principi del giornalismo sia sempre più forte e corale. A partire da quella giornata di sciopero nazionale sospesa lo scorso luglio.

Ma la libertà di stampa o è completa o non è.
Non è possibile elogiare o difendere quella che ci piace e criticare e reprimere quella che non ci piace.
La pretesa del ddl Mastella di ridurre la cronaca giudiziaria è stata fortemente e giustamente combattuta, come sta avvenendo con il ddl Alfano, perché  colpiva la libertà di stampa. Non perché la prima sia stata presentata dal Guardasigilli del governo Prodi e la seconda dal Guardasigilli del governo Berlusconi.

Pur tenendo conto delle implicazioni politiche della situazione in atto, e dunque delle differenze degli attori e delle forze che sono in campo,  non si può dire: quella testata sta onorando la libertà di stampa, quell’altra la sta mortificando. Anche se i modi di esercizio della libertà possono essere ineleganti o velenosi.

Perché non è così semplice, perché le parti potrebbero invertirsi, perché non si può delegare a scatola chiusa ad altri l'esclusiva di sventolare la bandiera dei princìpi.
Analogamente per quanto riguarda il tema delle querele.
Querelare un giornale è sempre negativo.
Sia che lo faccia il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi  contro Repubblica per le 10 domande alle quali non risponde. Sia che lo abbia fatto, nel 1999,  l’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli contro sei cronisti e un collaboratore del Tempo accusati di partecipare “ad un unico disegno criminoso” per aver messo in risalto, nei loro pezzi di cronaca, gli aspetti problematici dei diversi aspetti della vita cittadina.

La libertà di stampa, inoltre, ha strane sfaccettature. Nei giorni scorsi il tribunale di Amsterdam ha inibito all’AP di continuare a vendere fotografie del principe ereditario Willem Alexander, della moglie Marina e dei loro tre figli in vacanza in Argentina. Nella democraticissima Olanda è in vigore un codice di condotta dei media che concede la possibilità di fotografare la famiglia reale solo durante impegni ufficiali o in altre occasioni concordate.

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