In merito all'Accordo Quadro tra la Regione Piemonte e le parti sociali piemontesi per attivare ammortizzatori sociali (e segnatamente la cassa in deroga) alle piccole aziende sul territorio, la Subalpina ha ravvisato alcuni problemi che riguardano i giornalisti coinvolti in tali procedure. Procedure che peraltro risultano incongruenti con quanto previsto dal contratto e soprattutto dall'Istituto di previdenza dei giornalisti.
Questo il testo della lettera:
ALL’ASSESSORATO AL LAVORO DELLA REGIONE PIEMONTE
ALLA DIREZIONE REGIONALE INPS PIEMONTE
ALLA DIREZIONE REGIONALE DEL LAVORO DEL PIEMONTE
E per conoscenza
ALLE SEGRETERIE REGIONALI DI CGIL, CISL, UIL
Torino, 25 gennaio 2010
OGGETTO: ACCORDO QUADRO FRA LA REGIONE PIEMONTE E LE PARTI SOCIALI PIEMONTESI PER LA GESTIONE 2009/2010 DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI IN DEROGA – PROCEDURE INCONGRUENTI PER I LAVORATORI GIORNALISTI
Apprendiamo in questi giorni dell’intenzione di qualche piccola azienda editoriale piemontese di avvalersi degli ammortizzatori sociali in deroga attivati con l’Accordo quadro stipulato il 22 aprile 2009 dalla Regione Piemonte con il Ministero del Lavoro.
Le modalità di gestione di tale accordo, tuttavia, pongono seri problemi per quanto riguarda i lavoratori dipendenti iscritti all’Albo dei Giornalisti.
Le normali procedure fanno sì che il Contratto di Lavoro Giornalistico preveda nelle situazioni di crisi aziendale l’adozione di un apposito allegato, che sulla scorta di consultazioni tra azienda e sindacato e di un piano condiviso consenta l’accesso agli ammortizzatori sociali predisposti dall’Istituto di previdenza della categoria (Inpgi, Istituto nazionale previdenza giornalisti italiani).
In Piemonte alcune aziende si sono di recente sottratte – con evidente frattura sindacale - dall’applicazione del contratto giornalistico. Ma non è di questo che qui vogliamo trattare. Il problema è che i giornalisti che lavorano in queste aziende, pur forzosamente fatti ricadere sotto un altro contratto di lavoro, continuano per legge a ricadere nella previdenza Inpgi.
Questo significa che, laddove questi lavoratori vengano fatti rientrare nelle domande di CIG in deroga presentate dalle aziende editoriali, essendo l’Inps in tali circostanze a garantire la continuità di reddito e di contribuzione previdenziale ai lavoratori (e quindi anche ai lavoratori giornalisti con previdenza Inpgi), si producono alcune incongruenze quando non un vero e proprio “vulnus” rispetto al versamento dei contributi obbligatori dovuti all’Inpgi.
In sintesi:
- L’Inpgi prevede esattamente come l’Inps ammortizzatori sociali (segnatamente CIGS e contratti di solidarietà, virtuosamente già stipulati dall’Associazione Stampa Subalpina anche in piccole aziende editoriali piemontesi), che consentono all’imprenditore di fronteggiare la crisi e al lavoratore giornalista di salvaguardare reddito e contributi previdenziali;
- Laddove l’imprenditore, però,
rifiuti di riconoscere il lavoro giornalistico,
rifiuti di confrontarsi con il sindacato di categoria (che tra l’altro in quelle aziende risulta numericamente significativo quando non proprio il più rappresentativo)
e ricorra all’integrazione salariale corrisposta dall’Inps,
il lavoratore giornalista si ritroverà versamenti contributivi ad una cassa diversa, che – salvo interventi ministeriali, già sollecitati – dovrà poi riscattare a sue spese ai fini pensionistici.
Peraltro, data la natura del lavoro giornalistico, che non a caso si prevede distribuito su 36 ore settimanali ma senza vincoli di timbratura di un cartellino (ad esempio) , e scandito sulla scorta dei tempi e delle esigenze di “chiusura” del giornale (l’invio in stampa), è anche doveroso porre l’accento sull’attivazione di procedure appropriate per la puntuale e debita verifica del rispetto di una reale sospensione o riduzione nell’orario di lavoro dei lavoratori giornalisti.
Certi della vostra attenzione, a disposizione per ulteriori approfondimenti delle problematiche evidenziate, porgiamo i nostri migliori saluti.
Il segretario
Alessandra Comazzi