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03/08/2010

Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera…

Alcune riflessioni "tornando a casa dalla commemorazione della strage di via D’Amelio"

Riceviamo e pubblichiamo alcune riflessioni di Roberto Tassinari, pubblicista, "scritte di getto ritornando a casa nella tarda serata del 19 luglio, dopo aver partecipato, in piazza Castello, alla commemorazione in occasione del diciottesimo anniversario della strage di via D’Amelio".


Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera…
L’incipit del capolavoro di Proust mi fornisce lo spunto per alcune riflessioni. 
Se negli anni ’90 qualche amico mi avesse detto che in un lontano pomeriggio del giugno 2010  mi sarei ritrovato con tanto di megafono in una piazza Castello gremita di turisti e di ragazzi a leggere, tra il disinteresse dei più, la lettera con la quale Maria Luisa Busi spiega la sua decisione di lasciare il TG di Minzolini e che poche ore più tardi avrei sfilato lungo i portici di via Po transitando sotto i severi ritratti dei protagonisti del nostro Risorgimento  irrompendo in piazza Vittorio, ai confini della movida al grido di “Fuori la mafia dallo Stato” levando al cielo l’Agenda Rossa simbolo del coraggio e della tenacia di Salvatore Borsellino e di quei  ragazzi che non si rassegnano e continuano a lottare alla ricerca della verità sulle stragi di mafia, avrei pensato a uno scherzo.

Che cos’è, allora, che trascina in piazza un cinquantaduenne piemontese solitamente pacato e riflessivo, uno che si sente a proprio agio recensendo libri e molto meno quando deve prendere la parola in pubblico?
La risposta è semplice: nel nostro paese qualcosa sta cambiando (in peggio) e il  Nulla, quello della Storia Infinita per intenderci, avanza giorno dopo giorno in modo subdolo e strisciante. Sono sostanzialmente tre i fronti sui quali le forze corrotte, giocando la carta dell’ Indifferenza, agiscono per distruggere quanto i nostri nonni, a costo di immani sacrifici, hanno costruito.

Il primo è quello dell’attacco alla libertà di stampa che costituisce un attacco alla libertà tout court. Se la legge bavaglio verrà modificata lo si dovrà esclusivamente alla reazione compatta di vari settori della società civile. In ogni caso il rischio è stato grande e non possiamo permetterci di abbassare la guardia: ha ragione il direttore de La Stampa Mario Calabresi, il quale ha sostenuto partecipando all’iniziativa del 1 luglio che “il problema riguarda certamente editori e giornalisti ma in realtà la legge bavaglio colpisce più che altro i cittadini, in quanto l’editore troverà sempre qualcosa da pubblicare e il giornalista qualcos’altro da scrivere mentre il cittadino rischia di perdere il proprio diritto di essere informato” ribadendo che meno informazione significa meno democrazia e meno libertà.

Il secondo fronte è quello dell’attacco alla nostra Costituzione: ero al Montoso l’11 luglio, in occasione della commemorazione delle centinaia di partigiani e civili caduti nella zona durante la Resistenza e mi sono commosso quando Giancarlo Caselli, oratore ufficiale, ha spiegato ancora una volta la genesi della Costituzione Italiana, creata da uomini diversi (liberali, democristiani, socialisti e comunisti) e proprio per questo unica in quanto redatta per difendere i diritti di tutti, non quelli della casta imperante.

Non è un caso che anche relativamente al terzo fronte, quello relativo alla ricerca della verità relativamente all’uccisione di Falcone e Borsellino, parole di grande lucidità siamo state pronunciate la sera del 19 luglio, a diciotto anni esatti dalla strage di via D’Amelio, dallo stesso Procuratore Caselli il quale  ha chiaramente parlato di tradimento di una parte delle istituzioni nei confronti dei due magistrati.

Ognuno ha i suoi punti di riferimento e i suoi eroi. Qualcuno ha definito eroica la figura di Mangano. Altri, che pure stimo, hanno creduto giusto ammantare di eroismo la morte di Carlo Giuliani. Perdonatemi ma a questo gioco io non ci sto. L’eroe è uno che lotta contro forze spesso malvagie e quasi sempre numericamente sovrastanti e generalmente entra nella leggenda quando dopo aver lungamente combattuto per difendere una giusta causa viene ucciso proprio come accadde a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino i quali hanno combattuto contro mafia, burocrazia, malcostume e invidia e alla fine sono morti per aver scelto di ritornare o di rimanere in quella  Palermo dove dovevano stare a dispetto della volontà dei  signori del male mentre Giuliani se veramente è stato colpito mentre assaltava una camionetta dei Carabinieri si trovava dove non avrebbe dovuto essere: questo non ne giustifica ovviamente l’uccisione ma francamente non ne fa un eroe.

Piuttosto, nel mio pantheon e, presumo, in quello di molti giornalisti oltre ai citati magistrati vi sono donne come Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli,  le quali hanno pagato con la vita il loro coraggio e la dedizione alla  professione,  uccise per impedire loro di raccontare quanto  giorno dopo giorno stavano scoprendo…


Roberto Tassinari

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