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28/10/2010

3 - Dove passa il confine che delimita l'informazione?

Risposte di Gianni Bellini, Daniela Finocchi, Alessandro De Rolandis

L'invito al confronto lanciato dai presidenti Papuzzi e Sinigaglia è stato raccolto in poche ore da un centinaio di colleghi. Pubblichiamo altre risposte.


Intanto vi ringrazio per avermi chiesto il parere.
Ritengo che l'informazione dei telegiornali deve limitarsi alla comunicazione di eventi con le informazioni ufficiali acquisite. Nessun commento personale del giornalista e ancora meno notizie per sentito dire. Va bene qualche intervista che non sia asfissiante.
L'eventuale approfondimento di fatti particolari deve essere lasciato alle trasmissioni specifiche che i telespettatori sono poi liberi di andarsi a vedere o meno.
Cordiali saluti
Gianni Bellini


Gentilissimi,
Ne ho discusso con altre colleghe e tutto sommato non crediamo ci siano tante vie d'uscita...Il giornalismo opera all’interno di una realtà già altamente distorta e non fa che altro che rispecchiarla o sfruttarla, per uscirne anch’essa distorta (è sintomatico il fatto che sia diventato “turistico” il luogo dell’uccisione della ragazza di Avetrana, Sara). Così come sono fortemente alterati i rapporti politici, che ci riservano ogni giorno scenari da guerra. E’ un imbarbarimento che neppure gli argini previsti, come la divisione dei poteri, i richiami della Chiesa (piuttosto flebili) e dei saggi, hanno sinora potuto arginare. Quando diciamo l’informazione, che cosa intendiamo? La maggior parte delle testate sono anch’esse schierate politicamente, spesso sorrette economicamente da chi detiene il potere (e l’accesso alla professione continua ad essere difficile, poco trasparente, corporativistico, soprattutto in certi contesti). Le altre, semilibere da ancoraggi così forti, stentano a mantenere dritto il timone, assillate come sono da problemi finanziari e, si sa che le notizie sensazionali, sbilanciate o che sollecitano gli umori sono quelle che fanno vendere di più. E' pur vero che chi desidera essere realmente informato sui fatti ha la possibilità di farlo, ma questo richiede impegno, tempo, comparazione, ricerche, saper navigare su internet..ecc.. Cose che pochi sono disposti, hanno voglia, sono interessati a fare, giornalisti compresi.  Per ora non ci sono vie di uscita: o cambia il clima politico e con esso l’atteggiamento dei lettori o la guerra è destinata a durare.
Che dire, quindi? Personalmente, la mia ricerca si muove su altri fronti e ritengo che la politica possa essere altro (“cambiare l’immaginario del cambiamento” scrive Lia Cigarini sul numero di marzo di Via Dogana). Ma questo è un altro, lungo discorso...
Con i migliori saluti.
Daniela Finocchi



La libertà di stampa è un diritto democratico a cui non è possibile rinunciare per principio, ma in seguito alle innumerevoli contestazioni è chiaro che la professione del giornalista deve essere corretta. Tutti abbiamo la percezione che oggi qualcosa non funzioni nel modo migliore, ed abbiamo difficoltà a focalizzare quali siano i cambiamenti da intraprendere, quali i doveri, quali i diritti, e quali i limiti. Quando non siamo capaci ad analizzare il nostro contesto, bisogna ricorrere a qualcuno che possiede un punto di vista estraneo e disinteressato.
Nel dicembre 2006 mi trovavo a Jakarta, e sul canale televisivo taiwanese "FOENIX TV" (http://www.ifeng.com/phoenixtv/77405618595430400/index.shtml ) ho assistito ad un intervento di Massimo D’Alema in visita ad una fiera merceologica italiana in Taiwan.
Il servizio è andato in onda in modo completamente inusuale per i nostri schemi: il discorso è stato trasmesso per intero in lingua italiana, tradotto con i sottotitoli cinesi, senza interruzioni e soprattutto "privo di montaggio". Il discorso è durato 35 minuti: un mattone!
Alla fine, il giornalista che ha ripreso il collegamento dalla redazione appariva scocciato.
Un amico cinese mi ha poi spiegato che in Cina, per rispetto, non si usa tagliare un discorso, ed in quella occasione D'Alema rappresentava l'Italia, ed andava lasciato parlare fino alla fine assolutamente, per rispetto. Chi prende la parola ha la responsabilità di quello che dice, e del tempo che porta via a coloro che ha davanti.
Altre stranezze le possiamo notare ascoltando il notiziario cinese in lingua italiana che trasmette quotidianamente Radio Montecarlo, un notiziario di regime dove le notizie appaiono come dei bollettini militari, ma i testi sono semplici, chiari e sintetici.
Questo per dire... forse quando noi facciamo un montaggio, commettiamo una omissione dell'informazione? Riportiamo sempre le notizie come sono nella realtà? Fino a che punto il giornalista plasma le notizie, in funzione di interessi politici, economici, di immagine, di ascolti...?
Io proporrei di fare ritornare il giornalismo come quando era nato: la regola delle cinque "W", e nessun commento od interpretazione, nessuno spettacolo. Basta con le opinioni. Via i giornalisti dagli schermi.
Alessandro De Rolandis


 

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