Una ricerca sulla condizione dei giornalisti italiani “visibili’’, condotta da Lsdi sulla base dei dati forniti da Inpgi, Ordine dei giornalisti e Fnsi, fa emergere il quadro di una professione frammentata, con status professionali ed economici molto vari e con differenze, a volte, molto profonde fra i vari segmenti che la compongono. Su 108.437 iscritti all’Ordine, alla fine del 2009 solo 49.239 giornalisti (il 45,4%) erano titolari di una posizione contributiva all’Inpgi, come lavoratori subordinati o autonomi.
La profonda spaccatura fra lavoro dipendente e lavoro autonomo. Di fronte alla tenuta del giornalismo garantito dai contratti e dagli istituti di categoria (crescita che dai quotidiani si è allargata all’emittenza locale, ai piccoli periodici e agli uffici stampa, privati e pubblici), il giornalismo autonomo ancora annaspa, senza riuscire a trovare uno statuto,contrattuale e professionale, adeguato alla sua forza quantitativa, che ormai è pari se non superiore a quella del lavoro dipendente. E senza riuscire ancora ad entrare nell’area del giornalismo “garantito”. Nel 2009, ad esempio, mentre solo un lavoratore subordinato su 3 aveva un reddito annuo inferiore ai 30.000 euro lordi, più della metà degli autonomi (il 55,25%) dichiaravano un reddito annuo inferiore ai 5.000 euro.
Le altre caratteristiche dell’evoluzione della professione: un “impoverimento” delle fasce di reddito intermedie a vantaggio di quelle medio-alte nel campo del lavoro subordinato; un progressivo “invecchiamento” della popolazione giornalistica, in entrambe i campi; e infine una progressiva avanzata delle donne, mitigata dalla persistenza di un relativo gap di carattere economico.
Su due giornalisti iscritti all’Ordine solo uno risulta attivo nella professione. O almeno è ”visibile”, nel senso che è titolare di una posizione contributiva all’ Inpgi, l’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani, in quanto lavoratore dipendente o autonomo. Al 31 dicembre 2009 i giornalisti ‘’attivi’’ erano infatti 49.239: il 50,17 % degli iscritti all’Ordine se si escludono albo speciale e stranieri, e il 45,4% se si considerano anche questi ultimi (complessivamente gli albi ospitavano l’anno scorso 108.437 giornalisti ufficiali). Il lavoro dipendente è ancora maggioritario, almeno formalmente: conta infatti 26.026 giornalisti (il 52,86%) , contro i 23.213 autonomi. Ma se si eliminano le 6.257 posizioni “ferme” (congelate) per mancanza di contributi da almeno un anno (ma in quasi la metà dei casi anche da più di 5 anni), gli attivi effettivi nel campo del lavoro subordinato si riducono a 20.087. Una cifra quindi inferiore a quella del lavoro autonomo. Con i 23.213 autonomi (gli iscritti all’ Inpgi2 erano in realtà 30.170, ma 6.957 posizioni facevano riferimento a giornalisti dipendenti che svolgevano contemporaneamente anche lavoro autonomo, risultando quindi iscritti a entrambe le gestioni) si arriva a 43.300 attivi effettivi. La percentuale degli attivi sugli iscritti all’Ordine scende quindi al 39,9% (44.1% se si escludono albo speciale e stranieri).
Sono alcuni dei dati emersi da una ricerca sulla professione giornalistica in Italia (Giornalismo: il lato emerso della professione; Una ricerca sulla condizione dei giornalisti italiani “visibili”*) condotta da Lsdi sulla base dei dati forniti da Inpgi, Ordine e Fnsi, che sarà presentata a Roma giovedì 4 novembre.
(www.lsdi.it)