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02/11/2010

I giornalisti "visibili": una ricerca

Su 108 mila iscritti all'Ordine solo 43 mila risultano esercitare la professione

Una ricerca sulla condizione dei giornalisti italiani “visibili’’, condotta da Lsdi sulla base dei dati forniti da Inpgi, Ordine dei giornalisti e Fnsi, fa emergere il quadro di una professione frammentata, con status professionali ed economici molto vari e con differenze, a volte, molto profonde fra i vari segmenti che la compongono. Su 108.437 iscritti all’Ordine, alla fine del 2009 solo 49.239 giornalisti (il 45,4%) erano titolari di una posizione contributiva all’Inpgi, come lavoratori subordinati o autonomi.

La profonda spaccatura fra  lavoro dipendente e  lavoro autonomo. Di fronte alla tenuta del giornalismo garantito dai contratti e dagli istituti di categoria (crescita che dai quotidiani si è allargata all’emittenza locale, ai piccoli periodici e agli uffici stampa, privati e pubblici), il giornalismo autonomo ancora annaspa, senza riuscire a trovare uno statuto,contrattuale e professionale,  adeguato alla sua forza quantitativa, che ormai è pari se non superiore a quella del lavoro dipendente. E senza riuscire ancora ad entrare nell’area del giornalismo “garantito”. Nel 2009, ad esempio, mentre solo un lavoratore subordinato su 3 aveva un reddito annuo inferiore ai 30.000 euro lordi, più della metà degli autonomi (il 55,25%) dichiaravano un reddito annuo inferiore ai 5.000 euro.

Le altre caratteristiche dell’evoluzione della professione:  un “impoverimento” delle fasce di reddito intermedie a vantaggio di quelle medio-alte nel campo del lavoro subordinato;  un progressivo “invecchiamento” della popolazione giornalistica, in entrambe i campi;  e infine una progressiva avanzata delle donne, mitigata dalla persistenza di un relativo gap di carattere economico.

Su due giornalisti iscritti all’Ordine solo uno risulta attivo nella professione. O almeno è ”visibile”, nel senso che è titolare di una posizione contributiva all’ Inpgi, l’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani, in quanto lavoratore dipendente o autonomo. Al 31 dicembre 2009 i giornalisti ‘’attivi’’ erano infatti 49.239: il 50,17 % degli iscritti all’Ordine se si escludono albo speciale e stranieri,  e il 45,4% se si considerano anche questi ultimi (complessivamente gli albi ospitavano l’anno scorso 108.437 giornalisti ufficiali). Il lavoro dipendente è ancora maggioritario, almeno formalmente: conta infatti 26.026 giornalisti (il 52,86%) , contro i 23.213 autonomi. Ma se si eliminano le 6.257 posizioni “ferme” (congelate) per mancanza di contributi da almeno un anno (ma in quasi la metà dei casi anche da più di 5 anni), gli attivi effettivi nel campo del lavoro subordinato si riducono a 20.087. Una cifra quindi inferiore a quella del lavoro autonomo. Con i 23.213 autonomi (gli iscritti all’ Inpgi2 erano in realtà 30.170, ma 6.957 posizioni facevano riferimento a giornalisti dipendenti che svolgevano contemporaneamente anche lavoro autonomo, risultando quindi iscritti a entrambe le gestioni) si arriva a 43.300 attivi effettivi. La percentuale degli attivi sugli iscritti all’Ordine scende quindi al 39,9% (44.1% se si escludono albo speciale e stranieri).

Sono alcuni dei dati emersi da una ricerca sulla professione giornalistica in Italia (Giornalismo: il lato emerso della professione; Una ricerca sulla condizione dei giornalisti italiani “visibili”*) condotta da Lsdi sulla base dei dati forniti da Inpgi, Ordine e Fnsi, che sarà presentata a Roma giovedì 4 novembre.

(www.lsdi.it)
 

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