Cresce il numero degli italiani che leggono i giornali, ma sono sempre di più quanti scelgono la versione internet dei quotidiani, risparmiando sull'acquisto. Lo rileva il rapporto Fieg sulla stampa nel 2009-2011, basato su rilevazioni Audiweb, secondo cui "le vendite sono in calo, ma gli italiani non rinunciano a leggere il giornale". Internet, quindi, si è rivelato una risorsa che ha contribuito ad allargare il pubblico dei lettori.
Pubblichiamo il rapporto Fieg.
FEDERAZIONE ITALIANA EDITORI GIORNALI
La Stampa in Italia
(2009 – 2011)
Roma – 18 aprile 2012
Quadro generale
L’andamento recessivo del Paese nella seconda metà del 2011 e le prospettive di accentuazione di tale andamento nel 2012, con un’ipotesi di arretramento del pil tra l’1 e il 2%, gettano ombre sulle prospettive dell’editoria giornalistica.
Il calo della domanda interna preoccupa un settore particolarmente esposto alle fluttuazioni cicliche. La spesa delle famiglie per prodotti
editoriali dimostra come nei momenti di congiuntura sfavorevole gli
acquisti di prodotti stampati siano tra i primi a subire tagli.
La stampa quotidiana
Nel 2010, il ritrovato equilibrio nei conti economici delle imprese editrici
era stato reso possibile da incisivi processi di riorganizzazione produttiva e
di riduzione dei costi. Nel 2011, nonostante l’azione di contenimento dei
costi sia proseguita, gli elementi di criticità si sono riaffacciati con
crescente intensità sul terreno diffusionale e su quello pubblicitario.
Infatti, il margine operativo lordo delle aziende editrici di quotidiani, pur
mantenendosi positivo, ha accusato una contrazione del 29,6%. In valori
assoluti il mol, che era pari a 151 milioni di euro nel 2010, è sceso a 106
milioni, con una diminuzione di circa 44 milioni e un’incidenza sul
fatturato editoriale passata dal 5,2 al 3,7%. Anche la riduzione dei margini
industriali verificatasi nel 2011 non può non destare preoccupazioni: se
infatti i ricavi tipici hanno sopravanzato i costi diretti, la misura dell’aggio
non è stata tale da consentire di far fronte agli altri costi (ammortamenti e
oneri finanziari) che riguardano pur sempre la vita tecnico-economica
delle aziende e sono essenziali alla riproduzione del capitale investito.
L’inadeguatezza del mol emerge confrontando le performances del
settore con quelle rilevate da Mediobanca per l’insieme di 2030 società italiane (nel 2010 il rapporto mol/fatturato medio di tali società è stato
dell’11,1%, contro il 5,2% dell’editoria quotidiana).
Per quanto riguarda i ricavi, nel 2011 sono diminuiti del 2,2%,
principalmente a causa della flessione degli introiti pubblicitari (-5,7%).
Nonostante il calo della diffusione (-2,6%), i ricavi della vendita delle copie
hanno tenuto per gli aumenti dei prezzi intervenuti nel biennio 2010-2011.
Il declino dei ricavi che era andato decelerando nel 2010 (-1,5%), dopo il
forte arretramento del 2009 (-11,9%), ha purtroppo ripreso tono nel 2011
e le prospettive per il 2012 non appaiono migliori in rapporto ad una
situazione complessiva del mercato pubblicitario che non sembra
riprendersi e che, molto probabilmente, manterrà la tendenza regressiva
manifestatasi nel precedente biennio.
Sul piano dei costi, nel 2011 è proseguita l’azione di contenimento che ha
preso avvio nel 2008 con interventi che hanno portato ad un loro
sostanzioso abbattimento nel 2009 (-6,6%) e soprattutto nel 2010 (-7,5%).
Nel 2011, il processo di riduzione dei costi ha incontrato resistenze sia
nella ripresa del prezzo internazionale della carta , con costi di
approvvigionamento aumentati dello 0,5%, sia nei costi per servizi in
crescita dell’1,5%, sia nel costo del lavoro che ha mostrato una stabilità di
fondo (-1,0%). Nel 2010, l’azione di “cost cutting” aveva prodotto risultati
molto più evidenti su tutte le voci di costo: materie prime (-18,7%), servizi
(-5,5%), lavoro (-7,5%).
Quanto al costo del lavoro, il confronto con i dati Mediobanca permette di
rilevare come la sua incidenza sul fatturato nell’area dei quotidiani sia
notevolmente più elevata. Nel 2010, a fronte di un’incidenza del 31,6%
nell’insieme delle imprese editrici, quella della media delle 2030 società
censite da Mediobanca si è attestata intorno all’11,4%.
Molto elevato è anche il costo per addetto: per il 2010, le rilevazioni
Mediobanca indicano un costo medio per addetto nelle 2030 società censite di 50.900 euro, meno della metà di quello che emerge dai dati di
bilancio delle aziende editrici di quotidiani (101.200 euro). Tra il 2008 e il
2010, il costo del lavoro complessivo nelle aziende editrici di quotidiani è
sceso del 6,3%, in linea con il calo del numero degli addetti (-6,2%): il costo
per addetto è rimasto ovviamente pressoché costante.
É da ritenere che nel 2011 la forbice tra costi e ricavi operativi si sia
ulteriormente ridotta, determinando un impoverimento in un mercato dei
media sempre più competitivo.
La stampa periodica
Dopo il consistente calo del 2009, soprattutto evidente sul terreno
pubblicitario (-29,1%), nel biennio successivo la stampa periodica ha
dimostrato una maggiore capacità di tenuta riuscendo a circoscrivere il
calo del fatturato editoriale, senza peraltro manifestare segnali di ripresa.
Nel 2011, il fatturato dei periodici viene stimato in calo del 2,9%, con le
due componenti, ricavi pubblicitari e da vendita, che retrocedono,
rispettivamente, del 2,7% e del 3,0%. Per quanto riguarda la pubblicità, il
decremento è stato meno ampio di quello accusato dai quotidiani.
Per quanto riguarda gli andamenti delle vendite, i dati sono allineati
nell’indicare una flessione che, nel triennio 2009-2011, ha riguardato
tanto i settimanali (-7,6%) quanto i mensili (- 18,0%). Il calo ha subito
un’accelerazione nel 2011 per entrambe le periodicità: -6,3% per i
settimanali (nel 2010 la flessione era stata dell’1,4%); -9,9% per i mensili
(nel 2010, la flessione era stata del 9,0%).
Diffusione e lettura
Internet si è rivelato una risorsa che ha contribuito ad allargare il pubblico
dei lettori. Tra il 2009 e il 2011, il numero complessivo di utenti attivi sul
web in un giorno medio è passato da 10,4 a 13,1 milioni, con un
incremento del 26%: In parallelo, il numero degli utenti di siti web di quotidiani in un giorno medio è passato da 4 a 6 milioni, con un
incremento del 50%. La percentuale di utenti di siti web di quotidiani sul
totale dell’utenza nel giorno medio era del 38,3% nel 2009; nel 2011 è
salita al 46,8% e, verosimilmente, quest’anno supererà la soglia del 50%.
Le rilevazioni Audiweb sono confortate anche da quelle dell’Istat che, nel
Report su “Cittadini e nuove tecnologie” dello scorso dicembre, ha rilevato
che tra le persone di 6 anni e più che hanno utilizzato internet nel 2011, il
51% lo ha fatto per leggere o scaricare giornali e riviste. Nel 2010 erano il
44%. La lettura di giornali online è un’applicazione superata soltanto dalle
comunicazioni di posta elettronica (80,7%) e dall’e-commerce (68,2%).
Le vendite sono in calo, ma non la lettura: la crisi induce a risparmiare
sull’acquisto del giornale, ma la gente non rinuncia a leggerlo. Le due
ultime rilevazioni Audipress per il 2011 indicano un incremento dei lettori
dei quotidiani dell’1,8%. Si tratta di 24,2 milioni di persone, pari al 46,2%
della popolazione adulta (14 anni e più).
Anche i periodici, in misura più esigua (+0,2%), hanno visto aumentare il
loro lettorato salito a 32,5 milioni di persone, pari al 62,0% della
popolazione adulta.
I dati di lettura ribadiscono la straordinaria forza del mezzo e conferma
come, attraverso il connubio con il web, la carta stampata, appropriandosi
di forme e tecniche nuove, sia stata capace di consolidare il suo ruolo
storico, rispondendo alle esigenze di un contesto sociale e culturale in
continua evoluzione.
L’analisi disaggregata per regione delle vendite evidenzia una sorta di
“questione meridionale”, in quanto ai livelli di vendite delle regioni del
Nord (92 copie per mille abitanti) e del Centro (84 copie), corrispondono
livelli particolarmente depressi nel Mezzogiorno (49 copie). Lo squilibrio
può essere rappresentato anche confrontando abitanti e volumi di
vendita. Le regioni settentrionali con il 45,8% della popolazione acquistano il 55,7 delle copie di quotidiani complessivamente vendute in
Italia; quelle centrali, con il 19,7% della popolazione, ne acquistano il
21,9%; quelle meridionali, con il 34,5% della popolazione, ne acquistano il
22,4%. E’ un “press divide” alla cui origine va individuata l’assenza nel
tempo di politiche di incentivazione della lettura da condurre nelle scuole
e nelle famiglie.
La pubblicità
Le tendenze in atto sono tutte di segno negativo. Nel 2011 i quotidiani a
pagamento hanno subito una flessione del 6,2%; i quotidiani free
addirittura del 22,4%; i periodici del 3,6%. In termini di incidenza, la
stampa nel complesso ha subito un’ulteriore erosione della sua quota di
mercato: dal 25,4 al 24,7%. La televisione, pur arretrando (-3,0% rispetto
al 2010), ha visto la sua quota di mercato aumentare dal 53,7 al 53,9%.
Internet ha continuato la sua corsa (+14,6%), con una quota di mercato
salita dal 6,0 al 7,1%. Tutti gli altri mezzi hanno accusato flessioni e
ridimensionamenti delle relative quote di mercato.
Il mercato resta fortemente squilibrato in favore del mezzo televisivo e la
situazione dovrebbe aggravarsi nell’anno in corso, in quanto le previsioni
indicano un ulteriore calo degli investimenti pubblicitari e a farne le spese
saranno ancora una volta i mezzi stampati.
I ricavi editoriali
Nella struttura dei ricavi perdono di peso quelli pubblicitari scesi dal 48,9%
del 2008 al 46,7% del 2010. Sono inoltre in diminuzione i ricavi da vendite
in abbonamento, con una dinamica che nel 2010 (-5,9%) è stata maggiore
dei ricavi complessivi (-4,5%). In calo anche i collaterali (-27,8% nel 2010),
mentre sono in forte crescita i ricavi da attività online (38,8% nel 2010 e
32% nel 2011), anche se in valori assoluti l’incidenza sul fatturato è ancora
limitata (1,4%).
L’occupazione
L’occupazione poligrafica e quella giornalistica sono in forte flessione. Nel
2010 e nel 2011, i poligrafici sono diminuiti dell’8,2 e del 3,7%; i giornalisti
del 4,4 e del 6,1%. Nel 2011, i giornalisti occupati dei quotidiani sono
diminuiti del 7,2% e quelli occupati nei periodici del 4,3%. I dati sono del
Fondo Casella e dell’Inpgi.
(www.fieg.it)
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Fnsi: riforme di sistema, no tagli all'informazione politica
Accanto a molte analisi condivisibili, e a alcune proposte per orientare l’uscita dalla crisi dell’editoria verso una fase innovativa di sviluppo, ci sono nelle posizioni Fieg situazioni da chiarire e approcci e soluzioni differenti per alcune questioni relative all’intervento pubblico nel settore. La Giunta Esecutiva della Fnsi, riunita oggi a Roma, ritiene che non si possa liquidare il sistema dei contributi in essere, soprattutto con riferimento ai giornali politici, senza avere chiaro il quadro del sistema, la funzione e il lavoro dei giornalisti di questo genere di testate.
Tagliare i fondi ai giornali di partito, mentre ancora si deve discutere su come riqualificare e rendere più trasparente il finanziamento della politica, farebbe morire senza ragione testate significative del dibattito pubblico e perdere alcune centinaia di posti di lavoro. Il riordino deve essere di sistema. Non si deve precipitare nel calderone dell’indistinta antipolitica e l’informazione non può essere comunque l’agnello sacrificale. Ciascun editore, compresi i partiti, dovrà essere chiamato a fare la sua parte con chiarezza e responsabilità. I giornali di idee e cultura politica non sono espressioni meramente commerciali. La Giunta della Fnsi ribadisce la sua linea per la trasparenza dell’intervento pubblico, per il rigore e la lotta all’elusione delle regole e agli abusi, che anche grazie al suo impegno sta producendo correzioni e pulizia. Il nodo da sciogliere è quello di una vera riforma di sistema. La Fnsi accetta la sfida per lo sviluppo, l’innovazione e una politica industriale che assecondi le trasformazioni nel tempo dell’informazione digitale, evitando che testate significative siano costrette a chiudere per mancanza di ossigeno e di garanzie per il pluralismo. Da questo versante la Giunta della Fnsi rilancia alla Fieg un impegno di corresponsabilità per una innovazione che accetti con coraggio la sfida del cambiamento che non può produrre profitti dopo tre mesi, che non può essere governato solo guardando gli indici quotidiani di borsa ma dovrà essere frutto di un progetto di prospettiva misurabile in un arco di tempo ragionevole, non brevissimo. Agli editori la Fnsi chiede coraggio e fiducia nell’investimento sul patrimonio principale delle imprese di settore, che è costituito dai giornalisti. Dai colleghi titolari dei contenuti e dalle loro possibilità di lavoro corretto e qualificato (anche attraverso un’ azione comune per la formazione professionale) dipende la credibilità e il valore materiale delle testate, dei ‘marchi’ che propongono l’informazione su più piattaforme. In questo senso la ‘rivoluzione industriale’ che favorisca il pluralismo, con informazione di qualità – lanciata dal Presidente della Fieg Anselmi – deve diventare terreno di iniziativa degli editori e di lavoro comune per salvare e mettere in moto il sistema”.
(www.fnsi.it)