Il giornalismo piemontese e il quotidiano La Stampa sono in lutto. Nella notte tra domenica 12 e lunedì 13 agosto è morto improvvisamente Giampiero Paviolo, caporedattore responsabile della sezione centrale del giornale, Italia: il primo sfoglio, che comprende le pagine di politica, la sua passione di sempre. Il suo cuore ha cessato di battere verso mezzanotte, per un infarto. Era da appena un giorno in vacanza con amici, con la compagna Stefania e con la figlia Elena a Guardialfiera, vicino a Termoli, in Molise, "dopo una lunga fila di giorni e di notti a lavorare senza sosta come solo lui sapeva fare: con forza, arguzia, una capacità senza pari di interpretare i meccanismi della politica e della società", scrivono i colleghi de La Stampa.
Aveva appena cantato "E non ci lasceremo mai", partecipando ad una festa paesana. Si è accasciato. E ci ha lasciato. Avrebbe compiuto 55 anni tra pochi giorni.
Nato a Cuorgnè il 23 agosto 1957 (dove vivono i genitori; il padre, Angelo, è conosciutissimo, essendo stato docente e preside della media Cena di Cuorgnè), Giampiero Paviolo era iscritto all’Ordine dei giornalisti del Piemonte dal 18 giugno 1987. Dopo gli esordi a “Il Canavese”, che l’aveva visto tra i fondatori, Paviolo si era guadagnato sul campo una collaborazione con “La Stampa", divenendone corrispondente da Cuorgnè. A metà degli anni Ottanta la grande occasione, con l’assunzione come redattore di cronaca bianca nei servizi di politica torinese e piemontese. Quindi le promozioni a caposervizio e, successivamente, a capo della “Cronaca cittadina”, diretta per sette anni.
"S'era formato nella cronaca locale, in provincia di Torino, a Cuorgnè, e di quegli anni di cronaca minuta ha sempre conservato, in trent'anni di giornalismo d'alto livello, il gusto per il dettaglio e per la precisione millimetrica nel lavoro", scrivono i colleghi de La Stampa.
Nel 2006 è stato chiamato agli Interni, come capo del settore politico del giornale. Con il collega Guido Novaria, canavesano come lui, ha scritto un libro: "A un passo dalla libertà. 1944. Odissea sul colle Galisia... domani sarà tutto finito". Racconta la tragedia di 41 soldati inglesi e partigiani italiani, morti in una grande tormenta di neve mentre cercavano la libertà nella vicina Francia.
Grande esperto, pur da Torino, dei complessi meccanismi dei palazzi del potere romano, Paviolo era uno che amava il suo lavoro più di se stesso: uno che al giornale passava le notti, le domeniche, e anche parte delle vacanze. Amava anche la vita: due volte sposato e due volte separato; adorava il calcio (nessuno poteva batterlo nell'elencare risultati e formazioni di cinquant'anni di pallone); era un formidabile collezionista; aveva un impagabile umorismo un po' amaro da gran navigatore della vita, e al termine dei suoi impossibili turni di notte amava cantare vecchie canzoni con la sua bella voce alla Frank Sinatra, da crooner ironico. Ci piace ricordarlo in maniche di camicia, da "Pasta e basta", mentre faceva il verso al Vecchioni di "Luci a San Siro": "Scrivi Paviolo, scrivi notizie, che più ne scrivi più sei bravo e fai danè"...
La camera ardente sarò allestita in via Marenco, a La Stampa, nel pomeriggio di martedì 14 agosto. I funerali giovedì mattina, 16 agosto, alle 10,30, a Cuorgnè.