Il 10 agosto, quando un gruppo di militanti No-Tav aggredì una giornalista di Repubblica, impedendole di svolgere il suo lavoro, il grave atto di intimidazione non ottenne la meritata attenzione e riprovazione.
Ora che gli aggressori sono stati individuati, nel rinnovare tutta la nostra vicinanza e solidarietà alla collega, vogliamo ricordare che non è la prima volta che i giornalisti impegnati nel difficile e delicato racconto della Tav sono vittime di violenze con un’escalation a dir poco preoccupante.
Altre volte il sindacato ha dovuto prendere posizione contro aggressioni e minacce figlie di un clima ostile nei confronti della stampa. In questa occasione, alle sempre importanti parole di solidarietà, vorrei aggiungere alcune considerazioni.
Se è sempre necessario rimarcare come i giornalisti non siano parte in alcun conflitto ma semplici testimoni, va aggiunto che il racconto di un cronista può essere naturalmente contestato.
Se questo ha violato le leggi professionali e deontologiche alle quali è sottoposto, può essere oggetto di iniziative legali: lo stabiliscono il codice civile, quello penale e decine di carte deontologiche.
Ostacolare però il racconto dei fatti sequestrando i materiali e impedendo ai giornalisti l’accesso ai luoghi nei quali si svolgono i fatti, rappresenta un’intollerabile violazione alla libertà di stampa garantita dalla Costituzione. Chi lo fa si pone al di fuori del perimetro segnato dalla carta fondamentale dello Stato, quali che siano le idee delle quali ritiene di essere portatore.
Il sindacato dei giornalisti, e chi scrive in particolare, è stato in prima linea più di una volta nel denunciare violenze e sequestri illegali di materiali, non avendo timore di farlo anche quando questi erano compiuti dalle forze dell’ordine. Solo grazie a questa determinazione è stato, ad esempio, possibile ricostruire la verità sui tragici fatti di Genova nel 2001.
Quei giorni - lo ricordo bene, essendone stato testimone diretto - nelle strade di Genova, a chiedere all’informazione di fare la sua parte e a difendere il diritto dei giornalisti ad informare, c’erano anche molte delle persone che oggi si riconoscono nel movimento No-Tav.
Ecco perché mi attendo da loro pubbliche dissociazioni dalle violenze di questi mesi. Anni di silenzio, come sempre complice, purtroppo non mi fanno essere ottimista, ma resto in attesa.
Quel che certo è che i giornalisti continueranno a fare il loro lavoro e il sindacato a difendere il loro diritto a informare.
Stefano Tallia
Segretario dell'Associazione Stampa Subalpina