Esattamente un anno fa ci lasciava Vera Schiavazzi. Giornalista impegnata, ha segnato profondamente la storia del giornalismo piemontese e dell’Associazione Stampa Subalpina che, d’intesa con l’Ordine dei Giornalisti e con il Centro Studi Pestelli, ha deciso di ricordarla pubblicando la sua tesi di laurea. Un documento di grande valore perché, nel 1999, Vera decise dedicare l’atto conclusivo del suo percorso universitario alla storia della sindacato piemontese dei giornalisti, un testo che viene ora editato nella collana del centro studi Pestelli con il titolo: “Dalla parte dei diritti, un secolo di Stampa Subalpina”.
La serata di presentazione del volume, organizzata in collaborazione con il Circolo della Stampa, sarà quindi l’occasione per ricordare Vera riflettendo sulla storia e sul futuro del giornalismo con una discussione a più voci.
VENERDI’ 21 OTTOBRE
ORE 21 – PALAZZO CERIANA
CORSO STATI UNITI 27
Saranno con noi:
Stefano Tallia, Segretario Associazione Stampa Subalpina
Alberto Sinigaglia, Presidente Ordine dei Giornalisti
Giorgio Levi, Presidente Centro Studi Pestelli
Mario Calabresi, Direttore La Repubblica
Giuseppe Giulietti, Presidente Fnsi
Edmondo Rho, sindacalista, Consigliere d’amministrazione Inpgi
Condurrà la serata Alessandra Comazzi, Presidente Associazione Stampa Subalpina
Questa l’introduzione al volume scritta dal segretario della Subalpina Stefano Tallia
Centodiciassette anni. Tanti ne sono trascorsi da quando un centinaio di giornalisti piemontesi diede vita all’Associazione Stampa Subalpina e, ripercorrendone la sua storia attraverso le pagine della tesi di Vera Schiavazzi, la prima parola che viene in mente a chi ne è oggi il segretario pro tempore è “responsabilità”. Responsabilità perché, proprio nei giorni i cui mandiamo in stampa questo testo, siamo consapevoli di essere nuovamente a un punto di svolta per la professione giornalistica.
In oltre un secolo di storia, come Vera ha ricostruito con la sua abituale efficacia, il giornalismo italiano e subalpino ha attraversato fasi molto diverse: dagli entusiasmi degli albori alle pagine nere del fascismo, quando la voce dei giornalisti venne ridotta alla voce del regime. Ma poi ci furono gli anni della rinascita politica e culturale del paese, anni nei quali proprio Torino giocò un ruolo fondamentale. Dopo ancora, le crisi e le trasformazioni degli anni ’80 e ’90 che tuttavia non hanno mai messo in discussione la centralità della professione. All’alternarsi di questi momenti si è adattato il sindacato che, se fino agli anni della contestazione ha concentrato la sua attenzione sugli aspetti più politici, solo in tempi più recenti ha esteso il raggio d’azione ai servizi agli associati.
Del resto, pur tra tumultuose trasformazioni, il giornalismo è rimasto per lunghi anni immune dalle crisi che hanno colpito e decimato altri settori economici: licenziamenti, cassa integrazione, contratti di solidarietà e prepensionamenti sono vocaboli entrati a far parte del suo lessico solo nell’ultimo decennio. Un ritardo che tuttavia è stato colmato molto rapidamente, se è vero che la crisi è entrata nel mondo dell’informazione con una forza e una dirompenza tali da mettere a repentaglio la professione come è stata conosciuta per oltre un secolo. Qualcuno arriva a sostenere che a repentaglio sia l’esistenza stessa del giornalismo: non appartengo a questa schiera di pessimisti, ma penso che i prossimi saranno ancora anni di trasformazioni, spesso dolorose.
Se questo è vero, è vero allora che il sindacato è chiamato oggi a uno sforzo di innovazione senza precedenti. Si tratta di dare risposta alle tante domande che Vera poneva nel suo testo già nel 1999. Come dare rappresentanza ai giovani che non si riconoscono nelle forme tradizionali di organizzazione e che lavorano con contratti precari? Quale equilibrio tra carta stampata e on-line? E poi, soprattutto, la domanda che chiude la tesi: che cosa serve per fare bene il giornalista?
Sono domande che chiamano in causa la ridefinizione generale di un modello produttivo. Per il sindacato una partita complessa: difendere libertà e condizioni di vita e di lavoro dei giornalisti non avendo paura di sfidare la controparte a disegnare insieme il futuro dell’informazione. Che poi altro non è se non il futuro di una società democratica.
Ma può esistere un futuro solo se si conosce la storia. Ricordare cosa sono stati il giornalismo e il sindacalismo significa afferrare la bussola alla ricerca della via giusta da percorrere e la tesi di Vera è la migliore tra le bussole che potessimo scegliere. E’ stata costruita da una giornalista protagonista nella professione e nel sindacato, una donna che non si è mai accontentata di verità facili e che non ha mai conosciuto la malattia del conformismo.
E’ la rotta della quale abbiamo bisogno per navigare verso un futuro incerto ma ricco di opportunità.
Stefano Tallia, Segretario Associazione Stampa Subalpina