Ezio Ercole, vicepresidente dell'Ordine dei Giornalisti del Piemonte, candidato capolista tra i Collaboratori per il Consiglio Direttivo
"Ho chiesto ai candidati della Lista Giornalisti Indipendenti un contributo che, partendo dalle specifiche professionalità, competenze e specializzazioni, elaborino intorno a questi due concetti: cosa vorresti dal sindacato dei giornalisti piemontesi e cosa tu potresti dare. Ma anche pensieri in assoluta libertà che da sempre sono la cifra del nostro sindacato unitario.
Per quanto mi riguarda do l'abbrivio al collage con una frase di Christopher Eric Hitchens: "Sono diventato giornalista perchè non voglio che la mia fonte d'informazione siano i giornalisti".
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Paolo Manna, vicepresidente della Subalpina, candidato tra i Collaboratori per il Consiglio Direttivo
Pensieri in libertà.
1. La professione giornalistica si alimenta, e si alimenterà sempre di più in futuro, principalmente della figura del free lance, da non confondere con i precari delle testate giornalistiche. La natura intrinseca del free lance è quella del collaboratore alias pubblicista. Occorre aggiornare le previsioni statutarie che assegnano al pubblicista alias collaboratore numeri residuali di rappresentanza negli organi direttivi. La commissione free lance non è più sufficiente; raccogliere il contributo dei free lance è fondamentale per ammodernare le strutture sindacali dell’intera categoria. La Subalpina faccia da apripista.
Descrizione dell’esperienza di giornalista free lance.
Buongiorno.
MI presento: mi chiamo Paolo Manna, sono un giornalista free lance, iscritto all’elenco dei pubblicisti. Ricopro la carica di Vicepresidente dell’Associazione Stampa Subalpina.
I principali campi d’interesse della mia attività giornalistica riguardano l’economia e il mondo della produzione vitivinicola. Per occuparmene ho studiato, sono laureato in Economia e ho conseguito il diploma di Sommelier AIS, per, in seguito, ottenere anche il diploma di Degustatore Ufficiale AIS.
Nel corso degli incontri propedeutici alla stesura degli articoli ho conosciuto molti colleghi che si dichiarano, con grande orgoglio, free lance, rifiutando, al contempo, la qualifica di precario perché desiderano godere della scelta della collaborazione con la testata che preferiscono.
Non nascondo che all’inizio le collaborazioni sono, spesso, subite, ma per un consistente numero di colleghi la situazione è migliorata e ora affermano con soddisfazione di essere un giornalista free lance e non un precario.
Nel corso dei frequenti scambi di opinione, questi colleghi sono ben consapevoli che esiste una vasta fascia di precariato che si nasconde sotto l’etichetta del free lance, però non vogliono né iscriversi né partecipare alla vita associativa della Subalpina perché ritengono di non essere rappresentati e ascoltati nelle loro istanze.
Continuerò a lavorare per i colleghi che vedono lesi i loro diritti e i loro posti di lavoro, per i colleghi sfruttati, i veri precari, ma solleciterò gli amici della Subalpina per accogliere e destinare il giusto riconoscimento alle richieste del crescente numero di free lance piemontesi.
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Paola Caramella, candidata tra i Professionali per il Consiglio Direttivo
Lavoro con passione e ostinazione da piu’ di vent’anni nell’ambito delle emittenti locali, cercando di tenermi a galla tra alti e bassi. La nostra categoria professionale si trova di fronte a un mondo in perenne divenire e in questi anni anche nell’emittenza privata locale ci sono stati dei profondi cambiamenti, che spesso con i colleghi ci siamo trovati costretti a rincorrere piu’ che affrontare. Il lavoro giornalistico già di per sé poco tutelato, in questo settore è sicuramente ancora piu’ esposto ai problemi che lo riguardano. Credo quindi che un referente sindacalista in questo ambito, sia ancora piu’ importante e necessario. Mi piacerebbe un sindacato fatto di giornalisti sensibili e competenti e non di sindacalisti di professione. Da sempre appassionata di cultura e spettacolo, vorrei quindi battermi per la lotta al precariato, ascoltando le istanze dei colleghi, cercando di mettere in campo sinergie strategiche e mirate per superare le diseguaglianze economiche e tutelare un giornalismo di qualità.
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Efrem Bovo, candidato tra i Professionli per il Consiglio Direttivo, candidato per la segreteria provinciale di Alessandria e Asti
La professione chiede tutela nel rapporto con imprese private.
"Commette esercizio abusivo chi, non essendo iscritto all'ordine , compie atti tipici o comunque caratteristici della professione". Siamo decisamente lontani dal rispetto di questa tutela.
Recentemente su 20 imprese da me contattate con oltre 50 dipendenti, soltanto due avevano due collaboratori giornalisti per il rapporto con i colleghi esterni all'impresa e per la tenuta delle sezioni news e stampa dei propri siti internet. In Piemonte le piccole e medie imprese (quelle con 10-249 addetti) sono quasi 214 mila, le grandi imprese (quelle con almeno 250 addetti) sono pari a 4.057 unità (dati ISTAT 2022). L'esperienza mi porta a considerare che le news aziendali siano affidate nell'80 % dei casi a non giornalisti per le sezioni di informazione periodica giornalisticamente di riferimento per molti colleghi .
Quali news possiamo promuovere e quali fake possiamo evitare?
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Nicola Mario Ferraro, candidato tra i Professionli per il Consiglio Direttivo
Sono un baby boomer: uno di quelli che i "millennial" e quelli della "Generazione Z" detestano, come noi facevamo con i "matusa" alla fine degli anni '60 dell'altro secolo. Per definizione i millennial sono i compagni di strada nati tra il 1980 e il 1996, ovvero coloro che hanno compiuto il loro primo e ultimo anno da teenager (età 13-19) durante il corso degli anni 2000. Chi è nato dopo fa parte di un'altra generazione il cui nome è Generazione Z.
Io che sono nato nel Dopoguerra, quando il futuro prometteva soltanto pace, progresso e prosperità, che sono passato dalla fame atavica, all'obesità e alle malattie metaboliche indotte dal "cibo spazzatura" e dal consumismo, io che ho scelto di fare da grande il giornalista sono passato dalla linotipia, alla video-impaginazione, al PC, ad Internet e alla intelligenza artificiale vissuta dalla mia generazione più o meno come una minaccia e dagli Zeta più o meno come un'opportunità nuova e promettente. Quelli della mia generazione che vacillavamo increduli davanti ai primi fax degli anni '80 credo abbiano il dovere di concludere la propria parabola lavorativa cercando di offrire qualcosa di nuovo all'attività sindacale, ancora una volta facendo leva su quell'immaginazione al potere che è stata un po' la nostra beatificazione giovanile e un po' la nostra condanna generazionale.
In un'epoca come questa dove l'entità di alcune retribuzioni professionali nel nostro campo è oggetto più dei "Diritti dell'uomo" che dello "Statuto dei lavoratori" l'esercizio della tutela sindacale diventa sempre più problematico ma necessario. Da un lato la polverizzazione professionale in atto induce sempre più colleghi "a correre da soli alla meta", diventando spesso disoccupati con la partita IVA (nonostante il diluvio formativo esercitato in nome dell' "informazione"); dall'altro il Sindacato (come istituzione) continua ad esercitare il suo "appeal" in ambito lavorativo, in assoluta controtendenza rispetto all'evaporazione del tessuto partitico che dovrebbe essere il combustibile della Repubblica parlamentare in cui viviamo. Oggi è in crisi agonica l'editoria giornalistica che fa capo all'edicola e ci si svena in dibattiti pubblici sugli scenari futuri: sopravviverà l'informazione giornalistica cartacea? Domanda legittima ma inutilmente posta se non si analizza la tendenza culturale dominante nella fruizione attuale dell'informazione: la gratuità.
Un sindacato dei giornalisti, nella sua azione, non può prescindere da questo dato oggettivo e adoperarsi (con tutti i compagni di strada che riterrà opportuno avere) per cercare di modificare questa tendenza facendo conoscere, dal suo punto di osservazione privilegiato, tutti i condizionamenti e i pericoli sociali che questa gratuità comporta.
Innanzi tutto il primo punto di riflessione da offrire al nostro pubblico deve essere se la gratuità esista davvero e se sia possibile nell'editoria giornalistica. Gli economisti ci insegnano che di gratuito non esiste nulla nella nostra società e che la differenza tra gratuito e a pagamento consiste soprattutto nella tracciabilità del flusso di denaro che serve a fabbricare un prodotto. Ma se questa tracciabilità, quando va bene, è opaca è difficile, quando non del tutto impossibile, è diabolico non poter individuare i soggetti che alimentano quel flusso di denaro: sono infatti loro i responsabili della qualità del prodotto che sfornano e che devono essere sempre una possibile controparte raggiungibile da qualsiasi lettore.
Il nostro sindacato deve trovare il coraggio di dire che la qualità dell'informazione ha un costo ed è meglio, sia per i lettori che per gli addetti ai lavori, che questo costo sia analizzabile, criticabile o magari da respingere al mittente. Altrimenti cittadini, giornalisti e tutti i lavoratori nei media, continueremo ad essere vittime di un miraggio, di un'illusione (per altro molto pericolosa anche da un punto di vista politico) perché ci troveremo un potere sociale (la stampa), gestito in modo sempre più oscuro, apparentemente impersonale ma di sicuro al di fuori del controllo sociale dei cittadini.
P.S. Avrei anche altre idee sul modo in cui sanare un'altra confusione mediatica, gestita come tale soprattutto dalla TV sulla quale prospera: la sostanziale commistione tra spettacolo e informazione molto spesso gestita da personaggi che non si sa se siano giornalisti o personaggi di spettacolo. Non si tratta di vietare le interviste in TV a chi non è giornalista (per altro, credo, decisione anticostituzionale) ma di far saper al pubblico se l'intervistatore è un giornalista o no. Questo, credo, contribuirebbe tra l'altro ad aumentare la qualità professionale dei giornalisti che compaiono in video e che spesso è imbarazzante.
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Daniela Bianco, candidata tra i Professionli per il Consiglio Direttivo, candidata per la segreteria provinciale di Cuneo
Dopo oltre quarant’anni di professione giornalistica in ambito locale, mi domando quale possa essere la mission dell’attività sindacale oggi per la nostra categoria, mai come ora così frammentata e indefinita. L’arrivo della rete Internet, se da un lato ha accelerato oltremodo i sistemi comunicativi, dall’altro è divenuta cassa di risonanza per un “vox populi” incontrollato, responsabile di una sorta di spersonalizzazione del nostro ruolo. La nostra professione, vittima delle difficoltà in cui versano le società editrici, sta perdendo appeal tra i giovani, i quali ormai interpretano la scelta del giornalismo più come un percorso temporaneo di precariato, piuttosto che la strada giusta per mettere a frutto passione ed impegno. Far tornare la voglia di raccontare il territorio e la sua gente attraverso l’attualità del quotidiano è quindi un’impresa ardua, che dovrebbe essere supportata da una rappresentanza forte e coesa, in grado di intercettare le problematiche di oggi, mantenendo un occhio attento verso le tante figure professionali nuove e tecnologicamente avanzate. Il sindacato dovrebbe aprirsi a tutti gli operatori della comunicazione: non solo giornalisti e praticanti, ma anche web master, web designer, blogger, social media manager, montatori, opinionisti, saggisti, scrittori, insomma tutti coloro che operano come divulgatori in un panorama in continuo fermento.
Un sindacato moderno dovrebbe far sentire la sua voce in modo più capillare nelle province, attivando contatti diretti per illustrare i diversi servizi offerti dal sindacato. Non è più il tempo in cui i lavoratori andavano alla ricerca del sindacato, oggi è il sindacato che deve andare incontro ai lavoratori, svolgendo in modo competente le funzioni di rappresentanza in difesa della categoria e proponendo agli associati un ricco paniere di servizi su misura.
Tali vantaggi però dovrebbero divenire oggetto di comunicazioni frequenti non soltanto agli associati, ma in particolare ai “non” associati, con l’utilizzo dei nuovi sistemi comunicativi. Può sembrare paradossale, ma proprio nell’ambito del sindacato dei giornalisti, è spesso carente la comunicazione, quel filo diretto con la categoria che rafforza la fidelizzazione di chi è già associato e suscita interesse in chi non lo è ancora.
E’ necessario quindi, creare una nuova awareness nei professionisti della comunicazione, in grado di fornire una risposta valida alla domanda che tanti nostri colleghi oggi si fanno di fronte alla scelta di aderire al sindacato: cui prodest?
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Rita Balistreri, candidata tra i Collaboratori per il Consiglio Direttivo, candidata per la segreteria provinciale di Alessandria e Asti
Operatività, programmi, presenza, incisività: sono questi i principi cardine su cui la mia azione si muoverà di concerto con gli altri colleghi , nel caso venissi eletta, per tutelare l’attività giornalistica ormai troppo “commercializzata”, difendere i diritti dei giovani collaboratori dagli “abusi” e dallo sfruttamento degli editori e ridare dignità alla categoria nelle sue molteplici forme di democrazia e di diritto all’informazione.
Ho capito che potevo e che volevo impegnarmi in prima linea grazie al mio capolista , Ezio Ercole uomo e giornalista di grande cultura e professionalità con cui ho condiviso la fondamentale esperienza al XXIX Congresso Nazionale di Riccione della FNSI, lo scorso febbraio.
In quella sede ho compreso l’importanza e la necessità di dar voce con serietà, e non solo di intenti, ad una categoria professionale, quella dei giornalisti collaboratori di cui faccio parte dal 1985 e di cui nonostante tutte le criticità, sono fiera ed orgogliosa di tale appartenenza. Credo infatti che contrastare la crisi della nostra professione, nello specifico, unitamente a quella del lavoro e dell’occupazione, più in generale, abbia bisogno di persone determinate, oltreché motivate e di forze congiunte da mettere in campo. Sono profondamente convinta che i temi della libertà non possano essere disgiunti da quelli della dignità del lavoro, dentro e fuori le redazioni, a partire da un compenso equo per i lavoratori autonomi, fino alla valorizzazione del lavoro contro le discriminazioni professionali di genere, il gap economico e il mancato riconoscimento professionale che ancora esiste e ne consegue.
Fra gli obbiettivi primari, la FNSI dovrà continuare, incessantemente, a interloquire e a incalzare il Governo e il Parlamento al fine di instaurare un tavolo di lavoro continuativo con i nostri rappresentanti per giungere ad una nuova legge di sistema che tuteli il settore e riporti risorse al giornalismo professionale contrastando, con sanzioni severe ed immediatamente esecutive, l’abusivismo giornalistico sempre più diffuso anche grazie a testate on line e a piattaforme di dubbia e talvolta persino inesistente legittimità sostanziale e statutaria.
Sono giornalista pubblicista dal 1985. Le mie esperienze lavorative spaziano e si sono nel tempo succedute dalla carta stampata alle emittenti televisive regionali con una collaborazione radiofonica,diversi anni fa, in Radio Rai 2. Ho lavorato come ufficio stampa per enti, manifestazioni e convegni. La mia innata curiosità e voglia di apprendimento mi ha portato in campo giornalistico a sperimentare e a percorrere diverse forme di professionalità occupandomi, al contempo, di argomenti e settori eterogenei: ambiente,cultura, sanità, lavoro, cronaca, attualità. La laurea in giurisprudenza conseguita nel 1992 e il superamento dell’esame da avvocato, nel 1994, mi hanno permesso inoltre di approfondire e di affrontare le tematiche e i problemi della professione giornalistica anche da un punto di vista giuridico e del diritto le cui esperienze e risultanze potrebbero costituire un contributo utile per il sindacato.
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