Il Consiglio nazionale riunito a Roma il 20 dicembre 2005 ha approvato a larga maggioranza il seguente documento:
“Il Consiglio Nazionale della Federazione della Stampa affida alla Giunta Esecutiva un nuovo pacchetto di sette giorni di sciopero generale dei giornalisti italiani a sostegno delle vertenze contrattuali ancora aperte, da attuare sentita la Conferenza nazionale dei comitati e fiduciari di redazione. I nuovi scioperi potranno essere attuati anche in coincidenza con la campagna elettorale per le elezioni politiche previste per aprile.
Il Consiglio Nazionale, che ringrazia le colleghe e i colleghi per la massiccia partecipazione agli scioperi sin qui attuati, impegna inoltre la Giunta a concordare con le Associazioni Regionali di Stampa assemblee territoriali con la partecipazione dei direttivi delle stesse AA.RR.SS. e delle consulte regionali dei CdR. Le assemblee regionali potranno essere estese a tutti i giornalisti dipendenti e freelance, alle strutture di base e ai gruppi di specializzazione.
Il Consiglio Nazionale sottolinea il grande risultato ottenuto con la firma dell’ipotesi di accordo biennale per i giornalisti delle radio e tv locali aderenti alle organizzazioni Aeranti e Corallo. Un accordo che testimonia la disponibilità al confronto e alle intese del Sindacato dei Giornalisti con le associazioni imprenditoriali che non assumono posizioni ideologiche di chiusura come hanno fatto la Federazione Editori Giornali e l’Agenzia per i Contratti del Pubblico impiego Aran.
L’accordo Aeranti-Corallo consente di sospendere l’applicazione della Legge 30 e del decreto sui contratti a termine oltre a proseguire sulla strada della regolamentazione del lavoro autonomo. L’intesa per le tv e le radio locali costituisce un avanzamento contrattuale i cui contenuti possono favorire anche la riapertura degli altri negoziati se vi saranno analoghe volontà.
Alla luce dell’accordo sottoscritto con gli editori radiotelevisivi in ambito locale, appare ancora più assurda e strumentale la posizione della Fieg che continua a sostenere tesi puramente propagandistiche per giustificare la propria indisponibilità a trattare la propria volontà di ridurre le condizioni di vita e di lavoro, le retribuzioni e la stessa autonomia dei giornalisti italiani. Gli editori vogliono, infatti, utilizzare il precariato e il lavoro nero, sfruttato e mal pagato, per subordinare la qualità dell’informazione agli interessi commerciali delle aziende.
Assurda appare, la posizione dell’Aran la quale, anche a fronte di una sentenza della Magistratura rifiuta la riapertura della trattativa con la Fnsi per la definizione dei profili professionali dei giornalisti che lavorano nella pubblica amministrazione.
Il Sindacato dei giornalisti si rivolge alle Istituzioni, al mondo della politica, al Governo, all’opposizione e alle forze sociali per sottolineare come i temi delle vertenze contrattuali siano condizionati da una insostenibile situazione nel mondo della comunicazione italiana. Una situazione aggravata dall’assenza di una seria normativa antitrust e di norme che contrastino i conflitti di interesse e lo squilibrio nel mercato pubblicitario. Tutto ciò appesantito dall’assenza di una normativa seria per l’editoria e per la salvaguardia del ruolo del servizio pubblico, sia nella legge Gasparri sia nella mancata applicazione del piano delle frequenze, mentre la Legge finanziaria 2006 non affronta i nodi strutturali del settore dell’informazione”.
Il Consiglioglio Nazionale riunito a Roma il 20 dicembre 2005 ha approvato all’unanimità il seguente ordine del giorno:
“Il Consiglio Nazionale della Fnsi denuncia l’ennesimo tentativo di attacco al sindacato da parte di quegli editori che hanno promesso e distribuito premi e gratifiche prevalentemente destinati ai colleghi che hanno deciso di non scioperare consentendo così la pubblicazione delle testate. Il consiglio Nazionale fa appello ai Cdr perché si realizzi il massimo di vigilanza e documentazione sugli episodi fin qui conosciuti o su quelli ipotizzati. La distribuzione di prebende, così come le minacce a giornalisti dipendenti e precari, rappresentano un picco mai raggiunto finora nel deterioramento delle relazioni sindacali, una scelta con la quale gli editori abbandonano ogni speranza di correttezza sulla quale sola si può fondare un minimo di prospettiva di positiva conclusione della vertenza”