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20/10/2006

IL MEDIAFORUM IN DIRETTA

La sintesi degli interventi di venerdì sera: Comazzi intervista Chiamparino, tavola rotonda e dibattito sulla Rai

Quattro domande al sindaco
Alessandra Comazzi intervista Sergio Chiamparino

Alessandra Comazzi, giornalista della Stampa: Gli ultimi sviluppi sulla situazione della Rai a Torino?

Sergio Chiamparino, sindaco della Città di Torino: Il direttore generale Cappon, che ho incontrato a fine luglio, mi è sembrato sinceramente interessato ad analizzare la situazione per avviare un dialogo. Noi siamo interessati ad andare incontro ad un’esigenza di valorizzazione del patrimonio immobiliare, però ci deve chiaramente essere una contropartita industriale adeguata. La partita della ricerca è per la Rai una delle sfide, inoltre, sulle quali vale la pena investire.

Comazzi: Noi speriamo che la Rai a Torino possa tornare a rivestire quel ruolo centrale che aveva un tempo, per poter anche investire sulle risorse artistiche e tecniche della città. Il nostro sogno è questo.

Chiamparino: Ormai rischia di essere un sogno un po’ stagionato. La Fiat ha iniziato a riprendersi quando hanno smesso di cacciare l’amministratore delegato ogni sei mesi. La Rai è in una situazione analoga: la differenza è la difficoltà nel trovare un interlocutore responsabile.

Salvatore Tropea: Non c’è forse una debolezza della classe politica nel presentarsi a Roma per chiedere qualcosa di concreto sulla Rai a Torino?

Chiamparino: Se qualcuno ha delle idee su come agire… andiamo a legarci sotto il cavallo di viale Mazzini; non avendo più io problemi di rielezione posso anche sfidare l’impopolarità.

Alberto Papuzzi: Privatizzare una rete potrebbe influire sulla sede torinese?

Chiamparino: Teoricamente sì, ma il discorso è ipotetico ed un po’ astratto.

Pierluigi Camilli, vicedirettore nazionale della Tgr Rai: Il problema vero è capire qual è il piano industriale della Rai. La Rai, come molte altre aziende, si è attrezzata per non crescere all’interno ma per rivolgersi all’esterno. Non abbiamo più autori, compriamo pacchetti chiusi, i format dall’esterno. Bisogna che la Rai si riappropri di un suo progetto industriale. Su questo la politica si sta interrogando, con il digitale terrestre tra quattro anni l’informazione locale dovrà necessariamente trovare ampi spazi nei tanti canali che saranno disponibili.
Un progetto-Torino oggi è difficile da pensare perché manca un’adeguata progettualità sul futuro. Non è tanto quindi la presenza di un gruppo di potere che vorrebbe escludere Torino.

Chiamparino: Non uno, forse diversi gruppi di potere.

Camilli: Girando le sedi tutto l’anno, posso dire che tutte le sedi non vengono adeguatamente valorizzate. Se non fosse per i Tg, non ci sarebbe nulla. Pensate alle potenzialità di sedi come quella di Firenze o Palermo, anche loro si reggono ormai solo sui Tg. Sulla sfida per l’evoluzione satellitare e digitale la Rai è già in ritardo, Torino potrebbe in questo ritagliarsi un suo ruolo. Allo stato attuale, con i palinsesti bloccati, le isole dei famosi e i format internazionali è sparita qualsiasi idea di piano industriale.

Chiamparino: Ricomincio un quinquennio, non posso che armarmi di santa pazienza per rifare un nuovo percorso che possa far riprendere le fila di un ragionamento sullo sviluppo Rai di Torino. Rimettere insieme i pezzi di quello già fatto fin qui, forzando un nuovo piano industriale che tenga fermamente presente Torino.


Tavola rotonda
La Rai in prospettiva
Moderatore:  Gino Li Veli, di Repubblica

Giorgio Merlo
vicepresidente Commissione parlamentare di vigilanza Rai

Con la mobilitazione che c’è stata dagli anni ’90 in poi noi abbiamo evitato lo smantellamento della Rai a Torino, mentre a Firenze è avvenuto. Dopo la sciagurata lettera d’intenti di Zaccaria con gli Enti locali, che lui stesso ha disatteso, abbiamo evitato questo smantellamento progressivo che era nei piani di chi governava la Rai: il comportamento di Zaccaria è esemplare.
Questo è stato il ruolo che la politica ha svolto nella seconda metà degli anni ’90.
Noi abbiamo da undici mesi una redazione diretta ad interim; tanto per essere chiari anche su questa cosa occorre vincere una tentazione che c’è, minoritaria a Torino, ma che trova buone sponde a Roma, e che è questa: siccome è una redazione che funziona, come facciamo per nominare il caporedattore futuro? la commissariamo? prendiamo qualcuno da fuori, mortificando la redazione torinese? Se c’è qualcuno che pensa di fare questo regalo del commissariamento, si sbaglia.
La Tgr è la prima testata europea, ma la considerazione che ne hanno i vertici, ad iniziare da Petruccioli, non è adeguata. A Torino dobbiamo essere riconosciuti a svolgere un ruolo nazionale, ma se non ci sono investimenti questo è impossibile. Leonardo, Ambiente Italia e molti altri programmi meritano un investimento che li valorizzi come programmi di interesse nazionale quali sono.
La Bresso mi ha promesso che porterà la questione, con riferimento al titolo V, alla Conferenza Stato Regioni.

Nino Battaglia
Cdr Tgr Piemonte

La considerazione del vertice Rai su di noi? C’è un esempio brillante di qualche giorno fa: è l’affermazione del presidente Petruccioli, secondo cui le sedi regionali lavorano poco e male. Questo né ci demoralizza, né ci distrae dal lavoro quotidiano, ma è molto indicativo. Negli ultimi anni le sedi regionali hanno avuto senz’altro un certo degrado dal punto di vista tecnologico; il discorso sulle compatibilità finanziarie ci convince fino ad un certo punto.
Adesso abbiamo un nuovo segretario dell’Usigrai, Carlo Verna, che viene dalla Tgr di Napoli e succede a Roberto Natale, che è stato segretario per dieci anni e che è della Tgr del Lazio. La nostra vicinanza all’Usigrai è quindi molto sentita.
La questione immobiliare per noi è stato un discorso incomprensibile (sia per l’atteggiamento della Rai, ma anche per quello dell’Ente locale), perché mentre si parlava di vendita di palazzi non si parlava di come e dove sarebbero state utilizzate tante professionalità. A noi quello che interessa è cosa farà la Rai a Torino.
Le nostre tre punte di diamante – Leonardo, Ambiente Italia e Soprattutto – continuano ad essere precarie, non definitive, eppure vanno benissimo. Leonardo e Ambiente Italia sono tenute a stecchetto, con organici molto bassi e per la metà fatte da colleghi a tempo determinato: sono trasmissioni che ogni anno riprendono, ma ogni anno sono una conquista. Proponiamo che vengano rafforzate in organico, ampliate e poste in una collocazione oraria che possa dare più soddisfazione.
L’informazione regionale è insufficiente: 45 minuti di telegiornale e 25 di giornale radio sono pochi. Questo anche perché ci sono numerose televisioni private che dedicano molto più tempo e spazio all’informazione locale, tante volte con trasmissioni che sembrano giornali radio con l’immagine, ma intanto c’è.
Il presidente Petruccioli ha anche detto che all’informazione regionale dovrebbero andare tre o quattro ore; se il presidente non esagera, bisognerà tornare su questa proposta.
Sulle risorse, tra le tante suggestioni, a mio avviso non sarebbe uno scandalo l’aumento del canone per l’informazione regionale. Sensibilizzando le persone, non escludo che un’idea del genere potrebbe essere ben accolta.

Pierluigi Camilli
vicedirettore della Tgr

Ho molto rispetto per la politica, perché i partiti sono un aspetto fondamentale nella vita democratica del Paese. Però la politica non deve aver più nessun ruolo nelle nomine dei giornalisti Rai. La responsabilità della nomina del caporedattore a Torino deve essere del direttore e di nessun altro; invito, quindi, la politica a non avere nessun ruolo.
Il primo giorno che arrivai a Torino La Stampa scrisse: “E’ arrivato il commissario”. Devo dire che da un anno a questa parte mi sto divertendo tantissimo. Il Tg del Piemonte, sommando gli ascolti delle tre edizioni, è quello con lo share più alto in Italia. Questo non è poco, anche perché siamo la redazione che durante l’ultimo anno ha registrato il maggior incremento di ascolti.
Rischiamo di fare un giornale capoluogocentrico, ma nelle ultime settimane la presenza delle province nel sommario è aumentata considerevolmente: allo stato attuale è 50 per cento Torino e 50 per cento il resto della Regione, e non solo con incidenti stradali.
Anche i presidenti qualche volta sbagliano e Petruccioli ha sbagliato sul giudizio alla Tgr. Le redazioni regionali sono un patrimonio straordinario, nonostante il difetto tecnologico in cui operiamo. I nostri mezzi sono purtroppo tarati su una Rai del passato e lì ti spieghi perché arrivi in ritardo al disastro del metrò di Roma. Non è che chi è arrivato prima sul luogo è professionalmente più bravo, è che ha mezzi tecnologici più moderni dei nostri.
L’altra grande risorsa della Tgr sono i giovani che riescono a lavorare e ad essere assunti, cosa che non mi pare accada in tante altre testate.


Carlo Verna
segretario Usigrai

Il vertice aziendale Rai ha espresso la volontà di entrare nella Fieg per sensibilizzare al riavvio delle trattative con la Fnsi, perché di fatto i vertici Rai subiscono scioperi che non determinano.
Sono stato protagonista dei tragici fatti del metrò di Roma: l’unica cosa che potevo fare per aiutare era risalire quanto prima e dare la notizia. Ho chiesto immediatamente delle edizioni straordinarie e ho iniziato da subito a trasmettere: siamo stati, quindi, i primi sulla notizia, ma drammaticamente gli ultimi sulle immagini. Dunque il re è nudo, l’allarme è stato suonato tempestivamente. E la radio? Radiorai ha avuto la notizia per prima, ma non ha tenuto un filo diretto, dopo l’edizione straordinaria ha continuato la programmazione normale.
Dai vertici aziendali è arrivata la nota critica: “Il servizio pubblico l’ha fatto Sky e non la Rai”; ma sono loro che ci devono dare delle risposte! Devono dare risposte a noi e ai cittadini su questo, attraverso un adeguato piano tecnologico.
Chiediamo una legge che sganci definitivamente chi gestisce da chi nomina, altrimenti i progetti come quelli che vorrebbe realizzare il sindaco Chiamparino non si realizzano.
Il direttore Angela Buttiglione non sta affatto pensando ad interventi, comunque, che possano mortificare le professionalità torinesi.


Roberto Natale
giunta Fnsi

La situazione che consegno a Carlo Verna è quella di una Rai nella quale in questi anni sulle regioni non si è ragionato e non si è investito. Stanno crescendo iniziative di informazione locale privata, aggressiva nei confronti della Rai. Pensiamo a Genova, a Primo Canale, con i manifesti pubblicitari che tappezzano la città: “La Rai ha i minuti contati”.
L’altra via è quella di incalzare brutalmente la Rai per scuoterla da questo torpore, perché ricominci a pensare in termini progettuali alle regioni. Sono anni in cui a tutt’altro si è pensato, per fortuna il decreto Gentiloni non parla più di privatizzazione del servizio pubblico.
Se si ha l’idea delle sedi regionali come un costo, come un peso, non c’è futuro. Quel confronto che spesso leggiamo tra Rai e Mediaset non tiene conto che la Rai è presente sul territorio, e questa deve esser la carta sulla quale valorizzare il servizio pubblico. Ai vertici Rai questo concetto non è arrivato però, forse pesa sul Cda questo essere una sorta di parlamentino modellato appunto sul Parlamento: il Cda intende se stesso e ragiona sui termini dell’agenda politica. Ma dovrebbe fare altro e, se farà altro, Torino ha di bello che la vocazione non la devono inventare: c’è. Pochissime sedi regionali, forse nessun altra, hanno una tale caratterizzazione.
Il fatto che i tg nazionali non facciano da Roma, ma chiedano a Torino i servizi d’informazione scientifica, è la prova del fatto che tutta la Rai sa che qui c’è un centro d’eccellenza. Basterebbe un vertice aziendale che cambi modus operandi, che segua meno le polemichette quotidiane e più le problematiche strutturali e le innovazioni progettuali e tecnologiche. Su questi temi si gioca tutta la credibilità della Rai. Tutto nel rispetto del servizio pubblico e dei giornalisti che operano nel servizio pubblico.
In questo la nuova gestione Usigrai caratterizzerà certamente la sua azione.
Autonomia per noi significa decidere senza farci condizionare dai cambi di stagione politica, con scelte che per i responsabili dell’informazione non portano il cordone ombelicale soffocante con i partiti.

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