John Elkann, presidente della Itedi, la holding che raggruppa le attività editoriali e di comunicazione del gruppo Fiat, ha seguito personalmente il progetto della nuova Stampa e spiega gli obiettivi del quotidiano diretto da Giulio Anselmi nella sua prima intervista da editore, pubblicata sul numero di Prima Comunicazione di novembre.
“Il lettore della Stampa vuole la doppia vocazione: saper bene quello che avviene a casa propria e quello che avviene nel mondo”, dice John Elkann nell’intervista a Prima parlando della doppia identità della Stampa, tra i grandi quotidiani italiani il più attento alla realtà locale e contemporaneamente il più internazionale. “C’è una caratteristica che la nuova Stampa non può perdere: offrire edizioni locali che dicano esattamente quello che succede in quel territorio, in quella città, in quella provincia. Questo, spesso, è un servizio che solo La Stampa può dare. E del resto, ne sono convinto, questo è anche il motivo per cui molti lettori vanno in edicola a spendere un euro. Abbiamo l’ambizione di rafforzarci dove siamo già presenti ora. Più forti dove siamo già forti. Naturalmente cercando di vendere di più anche nel resto d’Italia”.
“Vogliamo aumentare la frequenza di acquisto del giornale. Per ottenere questo risultato dobbiamo, sempre più, puntare a un giornale che esprime attenzione e considerazione per il proprio lettore. Inoltre vogliamo attrarne di nuovi con il sito www.lastampa.it completamente rinnovato e sviluppato”, spiega il presidente dell’Itedi. “Ovviamente il rapporto con Torino per noi è fondamentale. A cavallo del lancio della nuova Stampa abbiamo previsto una serie di iniziative per coinvolgere la città”.
“Era il 1978 e l’avvocato Gianni Agnelli mi chiese di occuparmi in modo organico del settore editoriale della Fiat. Fu così che nacque la Itedi, Italiane Edizioni.”, racconta il presidente della Fiat e di Confindustria.
“Era un momento molto delicato per il giornale e per il Paese. Basti pensare che nel novembre del 1977 c’era stato l’orrendo delitto Casalegno. Un Paese nella bufera. E il giornale naturalmente ne risentiva. Tenendo conto delle difficoltà del Corriere della Sera travolto dagli scandali della P2 e che Repubblica era ancora agli esordi, ritenevamo che un giornale serio, molto attento alla politica estera, molto poco catalogabile politicamente e portatore di una cultura industriale potesse occupare un suo spazio importante”, scrive Luca Cordero di Montezemolo.
“La mia esperienza diretta con La Stampa si concluse mentre la direzione passava nelle mani di Gaetano Scardocchia. Poi un giorno mi chiamò l’avvocato Agnelli e mi chiese notizie di Paolo Mieli, un giovane giornalista dell’Espresso che avevo conosciuto grazie a Giampiero Mughini”, racconta il presidente della Fiat. “Chiesi all’Avvocato perché mi chiedesse di lui e Agnelli mi rispose: ‘Io credo che sia arrivato il momento di un forte salto generazionale’. L’arrivo di Mieli, portando in redazione un po’ di sana provocazione e cultura meno grigia, fu decisivo. Ezio Mauro, da parte sua, era giovane, pieno di idee e di vigore, legato a una sinistra piemontese seria. I due lavorarono con grande efficacia. Fu un tale successo che Paolo Mieli dalla Stampa fece il salto al Corriere della Sera e Mauro ne ereditò la direzione del giornale”.
E sulla scelta di rinnovare La Stampa l’avvocato Montezemolo dice: “Proprio in un momento in cui si diceva che avremmo ceduto il giornale io ho voluto esattamente il contrario: dare un forte segnale del nostro amore per questo giornale. E lo amiamo così tanto che investiamo molto in esso. Da qui l’idea di riformarlo profondamente”.
[primaonline.it]