Limiti all'efficacia delle indagini e compressione dei valori della libertà di stampa, espressi nell'articolo 21 della Costituzione: due rischi da considerare in relazione a quanto previsto nel disegno di legge sulle intercettazioni, varato dal Consiglio dei ministri nello scorso agosto e attualmente al vaglio della commissione Giustizia di Montecitorio. E' quanto si legge nel parere, sollecitato dal Guardasigilli ed approvato all'unanimità dalla sesta commissione del Csm, che domani sarà discusso in plenum. In particolare, scrivono i relatori Vincenzo Siniscalchi (Ds), Antonio Patrono (Mi) e Fabio Roia (Unicost), "l'intento del provvedimento è certamente apprezzabile e giustificato dagli abusi" di pubblicazione di conversazioni intercettate, ma la prevista modifica dell'articolo 267 c.p.p., nella parte che limita la durata delle intercettazioni legittimamente disposte, "non ha alcun nesso logico con il tema del rafforzamento del segreto degli atti di indagine e con la repressione delle violazioni di esso", mentre è "idonea a incidere negativamente sull'efficacia delle indagini, limitando il tempo di svolgimento legittimo delle intercettazioni a una durata troppo breve per consentire l'accertamento di molti reati". Inoltre, si legge ancora nel parere, il divieto di pubblicazione anche parziale o 'per riassunto' degli atti, anche se non piu' coperti da segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari, appare una soluzione "problematica": "Una parte significativa della fase delle indagini preliminari - rileva la Commissione - risulterebbe sottoposta ad un regime di indifferenziato divieto di pubblicazione degli atti 'anche per riassunto' (ed anche nel 'contenuto' con riferimento alle intercettazioni) con evidente compressione dei valori riconducibili all'articolo 21 della Costituzione".
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