Il Servizio Contributi e Vigilanza dell’Inpgi dà notizia del definitivo chiarimento intervenuto al Ministero del Lavoro in merito alla destinazione (e quindi alla redditività) dei contributi previdenziali maturati fino al 31 dicembre 2000 dai giornalisti che operano negli uffici stampa della pubblica amministrazione.
Si tratta di colleghi i quali - come è noto - dal 1° gennaio 2001 sono obbligatoriamente iscritti all'Inpgi. Le novità contenute nel testo che segue interessano moltissimi giornalisti, i quali temevano di poter subire un danno dal passaggio tra Inpdap e Inpgi.
I giornalisti che operano negli Uffici stampa degli Enti pubblici, e i cui contributi previdenziali dal 1° gennaio 2001 devono essere indirizzati all'Inpgi, non sono affatto obbligati a trasferire all'Inps il monte contributivo maturato fino al 31 dicembre 2000: quei contributi devono restare all'Inpdap, che in base a quei versamenti dovrà corrispondere all'interessato una pensione. L'Inpgi da parte sua dovrà provvedere al pagamento della quota derivante dai contributi maturati a partire dal 1° gennaio 2001.
E' questo il significato di una nota emanata dal Ministero del Lavoro lo scorso 19 gennaio, con la quale è stata fatta chiarezza in merito ad un indirizzo dell'Inpdap, il quale minacciava di arrecare un danno ai giornalisti i quali si fossero trovati nella condizione appena descritta.
Il problema, segnalato da alcuni giornalisti dipendenti di pubbliche amministrazioni, traeva origine da una errata interpretazione da parte dell'Inpdap di una norma dello stesso Ente, la quale prevede che qualora il dipendente pubblico interrompa il rapporto di servizio con la pubblica amministrazione, i contributi maturati, per dar luogo in futuro ad una "fetta" di pensione, devano essere trasferiti all'Inps: il quale provvederà a corrispondere quella parte di trattamento, applicando però criteri di calcolo sicuramente meno convenienti.
Ma i giornalisti i quali avevano posto il problema non avevano affatto "interrotto il rapporto di servizio". Essi, infatti, avevano continuato a dare la medesima prestazione professionale allo stesso ente pubblico. L'unico cambiamento aveva riguardato (in base alla legge) il trasferimento all'Inpgi dei contributi previdenziali successivi al 1° gennaio 2001.
L’Inpgi, cui il problema era stato posto dai giornalisti interessati, aveva fatto rilevare che, nel caso dei giornalisti transitati nel regime previdenziale dell'Inpgi, il rapporto di lavoro era proseguito senza alcuna interruzione o novazione contrattuale, mantenendo pertanto il medesimo status giuridico e le medesime caratteristiche formali e sostanziali.
L'Istituto aveva inoltre aggiunto che per i giornalisti il rapporto assicurativo con l'Inpdap poteva considerarsi solo sospeso e non cessato; infatti, all'eventuale venir meno dell'incarico giornalistico, si riattiverebbe automaticamente - nell'ambito dello stesso rapporto di lavoro - il versamento contributivo alla competente gestione Inpdap.
A seguito della conferma da parte della Direzione generale dell'Inpdap in merito alla posizione assunta dalle varie sedi periferiche, l'Inpgi aveva allora interessato della questione il Ministero del Lavoro, che aveva convocato una riunione nel mese di dicembre scorso.
Nel corso dell'incontro i rappresentanti del Ministero hanno condiviso la tesi dell'Inpgi sulla piena legittimità dell'erogazione del trattamento pensionistico da parte dell'Inpdap nei confronti dei giornalisti, anche se gli ultimi versamenti contributivi siano stati effettuati presso l’Inpgi.
A conferma di ciò, il Ministero - con nota del 19 gennaio 2007, indirizzata ad entrambi gli Enti - ha affermato che è "ammissibile l'erogazione della pensione a carico dell'Inpdap a favore dei giornalisti dipendenti da pubbliche amministrazioni che pur continuando a prestare servizio con iscrizione all'Inpgi, potevano far valere i requisiti contributivi per il diritto a pensione ed abbiano raggiunto i requisiti anagrafici successivamente, in costanza di iscrizione all'Inpgi, previa ovviamente cessazione dal servizio".
Il Ministero trae tale giudizio dal fatto che "il giornalista transitato ope legis all'Inpgi non muta alcuno degli elementi costitutivi e fondamentali del rapporto di lavoro che, pertanto, prosegue con il medesimo titolo senza soluzione di continuità".
E' evidente l'importanza della tesi sostenuta dall'Inpgi e condivisa dal Ministero del Lavoro. Infatti, se fosse stata confermata l'impossibilità di ottenere una pensione diretta dall'Inpdap, l'iscrizione obbligatoria all'Inpgi per i giornalisti si sarebbe configurata come una disposizione in pejus, per il danno previdenziale che avrebbe loro comportato.
Fnsi