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16/03/2007

Per Isf la libertà di stampa è compromessa

Vallettopoli, le opinioni di Del Boca, Roidi e Serventi Longhi sul "caso Sircana"

Tanto tuonò che piovve, si dice dalle mie parti. E così, questa sottile voglia di censura che da tanto sentivamo aleggiare nel cielo della politica italiana, si è condensata attorno a questa vicenda di Vallettopoli che personalmente trovo di scarsa rilevanza.
Gravi, invece, gravissime le norme varate in fretta e furia (e senza alcun dibattito) dal garante per la Privacy. Da oggi si abbatte sui giornali una vera e propria censura fondata sul divieto di pubblicare notizie private non giustificate da “interesse pubblico“ o eccedenti “l’essenzialità dell’informazione“, e infine “in violazione della tutela delle sfera sessuale“.
Si tratta di criteri assolutamente soggettivi, che attribuiscono all’Autority quella totale discrezionalità che è propria dei censori. Una discrezionalità priva di riscontri oggettivi che cozza con i più elementari principi del diritto democratico. Norme di questo genere, che tutelano arbitrariamente la “privacy" dei potenti e delle loro famiglie sono presenti solo nel diritto dei paesi autoritari e servono a dare mano libera alla repressione governativa nei confronti dei giornalisti che indagano sulle attività delle lobbyes al potere.
Si dirà che in questo caso si tratta di pettegolezzi di basso conio, di spazzatura e via dicendo. Non c’è dubbio che la vicenda in questione riguardi attività paragiornalistiche con risvolti che ipotizzano ricatti e reati di vario titolo a danno di varie personalità più o meno note , più o meno autorevoli e più o meno politiche.
Ma la notizia, in questo caso, non è cosa i vari personaggi facessero o non facessero, quanto che, come ipotizzano i magistrati lucani, esistesse un gruppo di persone che li fotografasse allo scopo di ricattarli. E questa è una notizia di “pubblico interesse" , “essenziale“ e che non viola “la sfera sessuale“ di alcuno.
Vi è poi un’altra considerazione da fare. A portare sulla scena pubblica particolari privati e “sessuali“ fu un Presidente del Consiglio che parlò di reali o ipotetiche infedeltà coniugali in una conferenza stampa internazionale. Vicende poi riportate recentemente sulla ribalta mediatica dalla consorte dello stesso. Si tratta di una controversia che ha riempito per giorni le prime pagine dei giornali e tutti i talk show televisivi, con la partecipazione di commentatori ed esperti di varie discipline. A questo si aggiunga che ormai i politici si sono mescolati allo star sistem riempiendo ogni sera gli studi televisivi di quasi ogni tipo di trasmissione, ballando, cantando, cucinando e facendo qualunque cosa li potesse accomunare al variegato mondo televisivo. E la sera frequentano gli stessi salotti, gli stessi ristoranti e gli stessi locali frequentati dalle starlettes in cerca di contratti.
E’ comprensibile che non vogliano che i propri elettori conoscano certe frequentazioni, soprattutto in un momento in cui molti di loro professano etiche religiose austere, stabilendo per legge quali costumi sessuali dei cittadini italiani debbano essere considerati “pro“ o “contro“ natura .
Il ruolo pubblico non può comportare solo privilegi ( stipendi d’oro, pensione a cinquant’anni, riconoscimento delle coppie di fatto per i parlamentari ma non per i comuni mortali, notorietà, libero accesso a tutti i media, soprattutto quelli pubblici e via dicendo). Prevede anche che si debba rendere conto ai cittadini dei propri comportamenti politici e anche privati.
Quando le Iene compirono il famigerato test antidroga in Parlamento si sollevò la legittima indignazione per l’illegittimità della privacy violata. Ma la denuncia politica dei risultati era gravissima: molti di coloro che avevano votato una legge che prevedeva il carcere per i fumatori di spinelli, c’erano consumatori di cocaina e altre droghe pesanti. Ma questa grave questione politica è stata cancellata fra le polemiche quasi come l’inchiesta dei carabinieri sugli spacciatori che frequentavano gli uffici di un ministero.
Per questo le misure assunte dal Garante sono gravissime e possono comportare effetti devastanti sull’esercizio della libertà di informazione nel nostro Paese. L’atteggiamento che sta emergendo in forma bipartisan nel mondo politico italiano meriterebbe una reazione decisa e immediata della Federazione Nazionale della Stampa, dell’Ordine dei Giornalisti e della categoria intera. E sbagliano, a mio avviso, direttori e colleghi che si fanno prendere da sensi di colpa tardivi (perché sull‘autoregolamentazione e sulla dignità della professione ci sarebbe un interessante dibattito tutto da fare) e aprono la strada a un percorso legislativo di limitazioni al lavoro giornalistico che non si sa dove possa arrivare.
Al "Washington Post", dove, credo, di rapporti con il potere politico se ne intendono, sostengono che per il mestiere di giornalista esiste un’unica regola: attenersi ai fatti, nient’altro che ai fatti. Quando un fatto è provato e se ne conoscono e verificano le fonti , si può e si deve pubblicarlo. Se si sbaglia , c’è il codice penale, ci sono le scuse, i risarcimenti e, come è accaduto più volte sui media americani, anche le dimissioni del colpevole.
Tutto il resto puzza di censura, credete a me.

Stefano Marcelli
presidente Information Safety and Freedom


''I giornalisti non sono spie nè ricattatori. Nella stragrande maggioranza dei casi fanno il loro mestiere che è quello di dare notizie e di adempiere al  sacrosanto diritto-dovere di informare''. Lo sostiene Lorenzo Del Boca, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei  giornalisti a proposito dell'inchiesta di Potenza e  dell'intervento  in merito da parte del Garante per la privacy. ''In questo delicato compito - aggiunge Del Boca - occorre
naturalmente una buona dose di equilibrio e ragionevolezza. Non  tutti i particolari, anche veri e verificabilissimi, debbono essere per forza resi pubblici. Ci sono infatti dei dettagli che fanno inutilmente del male a persone che non se lo meritano. Non e' il caso di scomodare detti evangelici (''non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te''), ma è bene che i giornalisti facciano appello al senso della misura e della opportunità. A cominciare dallo scoraggiare il circo delle esagerazioni in base al quale, per conquistare la prima pagina, bisogna spararla più grossa. In questo contesto il ricorso a sanzioni, multe, ammende da parte di istituti esterni alla categoria e' altamente sconsigliabile - aggiunge Del Boca - e i giornalisti hanno il dovere di opporvisi. Ammesso e non concesso che la paura di punizioni severe scoraggi dal commettere errori o obblighi a produrre informazione corretta, verrebbero comunque compromessi i valori della libertà di stampa. Un risultato che, sul piano dei principi, sarebbe persino peggiore dei pur grandi errori che si possono compiere professionalmente''.

Ansa


Bisogna distinguere il diritto di cronaca dal rispetto della dignità delle persone: è il richiamo di Paolo Serventi Longhi, segretario generale della Federazione nazionale della stampa, a proposito dell'inchiesta di Potenza sui vip in cui è stato fatto anche il nome del portavoce del governo Silvio Sircana.
''Non sono d'accordo con Maurizio Belpietro - afferma Serventi - che ha rivendicato il diritto di esporre un politico al pubblico ludibrio comunque, in qualsiasi circostanza, purché vi sia il 'fumus' di una notizia. Intanto non risultano inchieste giudiziarie di alcun tipo nei confronti della personalità politica indicata; in secondo luogo, è assolutamente inutile e dannoso interferire nella sfera privata delle persone: terzo, si rischia, interferendo, di prendere clamorose cantonate, rovinando la vita delle persone e dandole
in pasto alle critiche più feroci''.
Per il segretario della Fnsi, ''la prudenza, ma soprattutto le regole etiche della professione. impongono di rispettare la sfera della salute, della sessualità e degli altri elementi sacri della libertà individuale. Tutto il resto appartiene al rischio evidente delle iniziative giudiziarie e dei singoli contro le possibili diffamazioni''.
''Occorre quindi distinguere - conclude Serventi - l'esercizio legittimo del diritto di cronaca, soprattutto sulle inchieste giudiziarie, dal rispetto della dignità delle persone che il giornalista deve garantire per quanto attiene alla sfera privata''.

Ansa


Non condivido una decisione così generica e di carattere generale da parte del presidente dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali , a proposito dell'intervento dopo l'inchiesta Vip di Potenza.
Il Garante risponde a quanto prevede la legge istitutiva ell'autorità stessa e gli dà poteri d'intervento specifici.
Una decisione di quel tipo rende davvero complesso capire chi giudica e in base a quali principi può essere giudicata una notizia afferente alla sfera sessuale di carattere privato e personale.
Questo elemento non è chiaro perché la legge è carente da questo punto di vista, specie quando non c'é un intervento della magistratura.
Il diritto di cronaca va salvaguardato e continui a credere che sia possibile un intervento di carattere deontologico dell'Ordine, dell'organo di autogoverno etico della categoria. Purtroppo i giornalisti nel complesso, pagano le iniziative scriteriate di colleghi che ricercano e fanno esplodere scooop improbabili, notizie incerte poi smentite, senza le adeguate verifiche e senza alcun rispetto per la dignità delle presone. Ciò vale per un politicio, per un uomo o una donna di spettacolo, per qualunque cittadino. E' peraltro singolare che dal Garante vengano provvedimenti così drastici soltanto quando essi riguardano personalità del mondo politico.

Paolo Serventi Longhi
segretario generale Fnsi


La questione può essere sintetizzata così: se il nome di un politico era scritto in un atto giudiziario è giusto che un giornale lo pubblichi. Però quel giornale sa bene che la persona è ricattata, che è probabilmente vittima di un'estorsione, chiamata in causa da soggetti accusati di precisi reati. Dunque deve tenerne conto.
Ad esempio con quale risalto la notizia è stata pubblicata? La tecnica giornalistica, la professionalità, devono consigliare un comportamento prudente davanti ad un procedimento in corso, ma anche alla sacralità della presunzione di innocenza. Sarà poi l'Ordine regionale a cui è iscritto quel giornalista a valutare quella pubblicazione e ad applicare eventuali sanzioni.
Chi scrive un pezzo critico su una persona in vista può dire: 'Dammi tot e non lo pubblico'. Cose per le quali è giusto che ci siano sia la galera sia la sanzione disciplinare.

VIttorio Roidi
segretario Ordine nazionale giornalisti
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