Bentornato Daniele. Stamattina un lungo striscione appeso sulla facciata di Repubblica ha salutato così il ritorno a casa di Daniele Mastrogiacomo. Sono le 12 quando il nostro inviato, rimasto nella mani dei Talebani per 15 giorni, varca la soglia della sede di Repubblica a Roma. Lo fa fendendo la folla di telecamere e cronisti che da giorni staziona sotto il giornale. Alle spalle, il rientro a Ciampino, l'abbraccio con la famiglia e gli amici, la visita in Procura nel cuore della notte e un paio d'ore di sonno.
Mastrogiacomo torna in redazione per raccontare, prima nello studio di Repubblica Tv, poi in una breve conferenza stampa, la sua prigionia. Lo aveva già fatto ieri e oggi con due lunghi reportage sul nostro quotidiano. Lo fa ancora, davanti alle telecamere. Prima però un brindisi con i colleghi, tra applausi e il suono di una trombetta da stadio.
Il suo racconto colpisce. Parte dall'inizio, Mastrogiacomo, da quell'appuntamento per i Talebani per un'intervista. Una trappola che fa credere al nostro giornalista di essere stato "venduto". Poi il sequestro, il colpo di mitra alla testa per farlo entrare nel portabagagli e la paura di essere ucciso: "Quello è stato uno dei momenti più brutti, ho pensato di essere ucciso come Enzo Baldoni". Cominciano così i 15 giorni del sequestro. L'accusa di essere una spia, le catene ai polsi, i continui spostamenti. E i Talebani. Gli stessi che gli chiedevano di arbitrare le loro partitelle di calcio e un minuto dopo gli mostravano il volto più duro. "Non avremmo voluto ucciderti, ma l'avremmo fatto" gli diranno al momento del rilascio.
Mastrogiacomo torna con i ricordi all'orrore dell'assassinio dell'autista. Sgozzato e decapitato sotto i suoi occhi. "Ho pensato, piuttosto che finire scappo e mi faccio uccidere da una raffica di mitra" racconta. Ed ancora i video. Quello in cui il nostro giornalista lancia un appello per la sua liberazione. "In realtà ne abbiamo fatti altri, anche molto più drammatici". Dovevano servire nel caso in cui la situazione non si fosse sbloccata: "In uno avevo uomini armati intorno". Macabro scenario di altri sequestri finiti tragicamente.
E' stanco ed ancora frastornato Mastrogiacomo. Ma non dimentica Adjmal, l'interprete giornalista sequestrato con lui e di cui adesso si sono perse le tracce. Pare che sia nelle mani dei servizi segreti afgani che lo stanno interrogando: "Sono convinto che sarà presto rilasciato". Resta il futuro. Che per Mastrogiacomo ha una sola strada: continuare a fare il giornalista. Non in Afghanistan, però: "Non sono una star e non credo che i colleghi che lavorano lì debbano tornare indietro. Voglio continuare a fare il mio mestiere. Ovviamente non a Kabul. Sarebbe troppo pericoloso".
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