Non vorremmo fermarci, non vorremmo scioperare (l'arroganza degli editori ha già costretto la categoria a cospicui sacrifici), ma dobbiamo farlo. Per responsabilità. Quella che al momento non dimostra di avere nel suo complesso il Cda, spaccato in due e non in grado di far funzionare l' Azienda. Quella che auspichiamo recuperi la politica: se la lottizzazione del passato non era giusta con nani e ballerine, con fuoriusciti dalle segreterie dei partiti o peggio da Mediaset, non è più possibile oggi per ragioni di compatibilità con una cultura industriale priva di legacci, che sarebbero letali in un momento di grande trasformazione del mondo delle telecomunicazioni.
La limitatezza dell'etere non sarà più protezionista dell'attuale assetto, man mano che la multimedialità guadagnerà posizioni rispetto alla tv generalista. Per di più il concorrente tradizionale si lancerà sul mercato in trasformazione, disponendo di una posizione dal punto di vista della raccolta pubblicitaria, che la Rai non ha, frenata come è da limitazioni varie. Digitalizzazione, svilippo interpiattaforma. Tutto intorno si muove e la Rai è bloccata, ripiegata su se stessa. Questo passaggio epocale va, invece, governato e bene altrimenti c'è rischio per la qualità della democrazia e per i posti di lavoro di giornalisti e dipendenti.
E' significativo che oggi, nel giorno dell'astensione audio video promossa dall'Usigrai, i dirigenti dell'Adrai, nell'ambito di un'intesa sinergica, che ci ha visto ad uno stesso tavolo anche con quasi tutte le sigle sindacali presenti in azienda, promuoveranno un'assemblea a viale Mazzini aperta a tutti i lavoratori e collaboratori, condividendo le preoccupazioni manifestate dai giornalisti. No, non siamo soli, ma abbiamo il dovere di porci alla testa di un movimento di opinione dalla parte del servizio pubblico radiotelevisivo, nell'interesse dei cittadini. E proprio per questo dobbiamo cercare sempre un comune denominatore, tra le diverse correnti di pensiero. Ci sembra perciò improprio distinguere, essendo sindacato unitario, fra consglieribuoni e cattivi, fra posizioni per uscire dallo stallo che hanno più favore tra una parte politica o fra un'altra. Rischieremmo di perdere l'indispensabile unità d'intenti su alcuni punti fondamentali, due in particolare largamente condivisi:
1) quale che sia la soluzione per uscirne, dobbiamo dire con forza "basta alla paralisi gestionale dell'azienda!";
2) dobbiamo far affermare l'idea di una corsia veloce per la riforma della governance Rai, dando atto al ministro Gentiloni di aver recepito sul punto le indicazioni che l'Usigrai, insieme ad altri movimenti e associazioni (Articolo 21, Comitato per un'altra tv ed altri ancora che ringraziamo) ha fornito, spingendo per una stanza di raffreddamento tra la politica e la Rai, costituita dalla Fondazione, nominata da fonti diversificate.
La Gasparri è una gabbia, che dovrebbe far sentire imprigionati anche gli attuali consiglieri, di nomina strettamente partitica e dunque a indipendenza limitata, se non nulla. Siamo convinti, nel nostro piccolo, di stare facendo cosa buona e giusta per il servizio pubblico e per il Paese.
Carlo Verna
segretario generale Usigrai